Torna la tesoreria unica, Comuni in rivolta

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ROMA – E’ rivolta dei Comuni contro la stretta sulla tesoreria unica. La disposizione, inserita nel decreto sulle liberalizzazioni in esame al Senato e di un imminente decreto del ministero dell’Economia, sposta le risorse impegnate ma non spese dai Comuni (i cosiddetti residui attivi) dalla casse dei Municipi alla tesoreria di Via Venti Settembre. Si tratta di una cifra rilevante, che il governo intende centralizzare con lo scopo di mantenere le compatibilità  di finanza pubblica, e che viene valutata tra i 4 e gli 8 miliardi. Oltre a spostare i residui attivi al centro si parla anche di una riduzione dei tempi oltre i quali i fondi vengono considerati «residui» non spesi, da tre a due anni.
I Comuni, i cui bilanci versano già  in condizioni difficili, ieri hanno alzato il muro. «Faremo ricorso alla Corte costituzionale», ha detto ieri il presidente dell’Anci, Graziano Delrio che ha chiesto un incontro al governo. Il sindaco di Roma Alemanno ha definito la misura «esproprio tecnico», mentre la Lega parla di misura «anti-federalista» e il sindaco di Verona Tosi a messo in campo una contromossa che definisce di «disobbedienza civile»: sposterà  le risorse dalla tesoreria comunale in un conto corrente di una banca privata per sottrarle all’azione di recupero da parte dello Stato centrale. Anche la Commissione Finanze del Senato, nell’ambito del suo parere sul decreto liberalizzazioni, ha chiesto una «revisione» del testo sul nodo tesoreria.
Sempre in primo piano resta il lavorio tecnico intorno alla delega fiscale, con l’obiettivo di utilizzare le risorse della lotta all’evasione, del taglio delle agevolazioni e della spending review per bloccare l’aumento dell’Iva e ridurre le aliquote Irpef più basse. Gli obiettivi del governo trovano consenso nella Confindustria: «Ogni euro che viene dall’evasione vada ridurre le tasse», ha detto la presidente Emma Marcegaglia. «La bonifica della spesa pubblica e il recupero dell’evasione devono servire per ridurre l’Irpef», ha detto il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli.
Del resto le nuove stime che giungono dalla Corte dei Conti sull’entità  del fenomeno evasione sono allarmanti. Il presidente della Corte dei Conti Giampaolino ha definito «sacrosanta» la lotta all’evasione, ha detto che l’Italia è la «maglia nera» in Europa per evasione Iva con un tax gap del 36 per cento (peggio di noi solo la Spagna) e ha confermato che il gettito che manca all’appello è di 120 miliardi. Conferme anche da parte del presidente dell’Istat Giovannini che ha ribadito che il sommerso stimato nel 2008 è pari al 16,3-17,5 del Pil (pari a 255-275 miliardi).
Intanto prosegue il vaglio delle agevolazioni fiscali che potrebbero cadere sotto la scure del governo e che in totale costano circa 161 miliardi. Non saranno toccate sicuramente quelle sul lavoro dipendente e sui carichi familiari, quasi al sicuro quelle sulle spese sanitarie e sui mutui. Mentre potrebbero entrare nel mirini gli sconti per palestre, spese veterinarie mutui per la casa


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