I carri armati nelle strade del Cairo Destituito il presidente Morsi

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IL CAIRO — È finita ieri, alle 21.05, la prima prova di democrazia nella Storia millenaria dell’Egitto. «Le Forze armate hanno capito le richieste del popolo egiziano. Per questo la Costituzione è sospesa, presto saranno indette le elezioni presidenziali, il capo dell’Alta corte costituzionale reggerà il Paese fino a quel momento, verranno formati un governo di coalizione e una commissione per emendare la Costituzione, i giovani saranno inclusi nel processo decisionale», ha dichiarato a reti unificate il capo dei militari, generale Abdel Fattah Al Sisi, garantendo che «l’esercito non vuole poteri politici». Una garanzia che contrasta con la chiara direzione dei militari di questa drammatica svolta, o almeno co-direzione a fianco dell’opposizione, culminata nella deposizione del primo presidente eletto democraticamente in Egitto, Mohammad Morsi, dopo esattamente un anno di governo giudicato disastroso dalla maggioranza del Paese e del mondo. Ma una garanzia che in qualche modo ha trovato appoggio nelle personalità presenti all’annuncio: per la prima volta in una simile occasione c’era infatti l’intera opposizione, tra cui le massime autorità religiose, il Grande Imam di Al Azhar Ahmed Al Tayyeb e il papa copto Tawadros, il rappresentante del Fronte laico del 30 giugno Mohammad ElBaradei (che molti prevedono a capo del governo di transizione su cui sono già partite nella notte le consultazioni), quello dei giovani ribelli di Tamarrod Mahmoud Badr, persino quello del partito salafita Nur, staccatosi da Morsi. Le stesse persone che per molte ore, dal mezzogiorno, si erano riunite con Al Sisi in una riunione fiume al ministero della Difesa a cui la Fratellanza, invitata, non aveva partecipato.

L’annuncio, attesissimo e scontato, ha fatto impazzire di gioia Tahrir, le piazze anti-Morsi in tutto l’Egitto. E ha segnato l’inizio di una nuova fase che potrà portare a un ulteriore passo sulla via della democrazia da poco imboccata dall’Egitto ma che ora resta oscura. Morsi, bloccato nella sede della Guardia repubblicana da centinaia di soldati, ha ribadito su Facebook (tutte le tv dei Fratelli sono state subito oscurate, i militari hanno fatto un raid a Al Jazeera) il senso del discorso della notte prima: «Sono il solo raìs legittimo, è un golpe». I vertici della Fratellanza, oggetto di un divieto di lasciare il Paese, hanno sostenuto che la mossa dei militari prepara «la guerra civile e un bagno di sangue». Nelle prime ore della notte non si sono segnalati scontri, poi è arrivata la notizia di 5 morti a Marsa Matrouh e Alessandria . Ma tutto avviene molto tardi in Egitto: era stato dopo la mezzanotte di martedì che al Cairo c’erano stati 16 morti, quasi tutti Fratelli uccisi dalla polizia. Ma l’esercito nel pomeriggio era sceso nelle strade: carri armati e blindati intorno al palazzo della tv occupato dalle forze speciali all’interno, intorno alla roccaforte dei Fratelli furiosi a Nasr City, al palazzo presidenziale di Ittihadiya e in altri punti del Cairo, di Alessandria, di molte città. Con lo scopo dichiarato di creare cuscinetti tra gli anti e pro Morsi, anche se questi ultimi sono convinti che un attacco contro di loro sia imminente e molti intendono resistere. Il capo e il vice del partito della Fratellanza a tarda notte sono stati arrestati, emessi altri 300 mandati d’arresto.

L’annuncio di Al Sisi è avvenuto quattro ore dopo la scadenza dell’ultimatum da lui lanciato lunedì perché le parti politiche “si riconciliassero” dopo le proteste iniziate domenica. Altrimenti, il Consiglio avrebbe imposto la sua roadmap. Ma tutti sapevano che quello era un benservito a Morsi, deciso dopo negoziati più o meno segreti tra i militari e Washington e Riad, tra i generali e l’opposizione. Che ora non vuole sentire parlare di golpe e spera di concludere al più presto la fase in cui il capo dell’Alta Corte Adly Mansour è ufficialmente raìs, ma il vero potere è tornato in mano ai generali. La prossima prova saranno le presidenziali, cartina di tornasole anche per capire quanto è rimasto della forza dei Fratelli, che tutti danno per deboli e divisi ma senza averne certezza.


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