Il supermarket delle buone azioni la spesa si paga con il volontariato

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MODENA. «Babbo, c’è anche il cocomero. Guarda, c’è la bottiglia grande di Coca». I bambini corrono nel piccolo supermercato Portobello, alla ricerca di tanti «regali», come se fosse la vigilia di Natale. «Mamma, mi prendi le sottilette? ». È un bel posto, il Portobello. C’è allegria, in questo sabato, primo giorno di apertura per una clientela speciale. «I nostri amici sono persone che hanno bisogno — dice Angelo Morselli, che guida “Volontariamo” — perché hanno perso da poco il lavoro o sono in cassa integrazione o mobilità. Ma non sono i disperati, quelli che ormai non vedono un
futuro. Portobello l’abbiamo inventato per spingere in alto chi può tornare a galla. Noi l’aiutiamo ma lui si deve aiutare, e deve dare una mano anche a noi. Tecnicamente, i nostri clienti si possono definire i “vulnerabili”».
Nel supermercato gli euro servono soltanto per farsi un caffè o un cappuccino (25 centesimi) all’angolo bar. Per tutto il resto c’è una moneta nuova, il “punto”, nascosto nella tessera sanitaria con codice fiscale. «I punti sono 60 al mese per chi è solo, più trenta per ogni familiare. Genitori con due figli hanno 150 punti». Entrano Gianni con moglie e tre bambini. Lui e lei erano artigiani, falliti nel 2010. Dopo un anno sono stati sfrattati da casa. Il Comune ha trovato loro un appartamento e ha dato sussidi. Adesso l’uomo ha ritrovato un lavoro, la moglie lo sta cercando. Un solo stipendio per 5 a tavola non basta. Non ci sono più sussidi comunali ma arrivano i “punti”. Entra Luigi, moglie e due bambini. Lei non lavora, lui è in cassa integrazione. Hanno grossi problemi con le finanziarie cui avevano chiesto prestiti. Entra Abir del Senegal, con signora incinta e figlio piccolo. Lui è laureato, lavorava come tecnico di laboratorio, è stato mandato a casa. Portobello lo può aiutare per qualche mese, nell’attesa di un nuovo posto.
Carrelli e luci e musica in sottofondo.
Cinque punti per i pannolini Conad extralarge, 2 punti per crostatine Mulino bianco, 2 per il caffè Borghi. Un cocomero 3 punti, 1 lo zucchero (“2 pezzi al mese”), 0,5 un chilo di farina. Un punto mezzo chilo di De Cecco, 1 punto un chilo di pennette Conad. Riso vialone nano, 2,5. Due vasetti di omogeneizzati, 2,5. Ci sono frutta e verdura, in vaschette da 1 punto. Olio dai 4 ai 5 punti, massimo tre pezzi al mese. C’è il parmigiano di alta qualità che costa 8 punti e in uno scaffale ci sono le marmellate biologiche.
«Con la crisi — racconta Luigi Zironi, che guida il Portobello — tanti sono costretti a comprare cibo scadente. Qui puoi scegliere il pezzo pregiato, anche questo è un modo di reagire. Per ora al Portobello sono iscritte 40 famiglie, ma in un anno arriveremo a 400, con una spesa di 1 milione di euro. Quasi l’80% ci arriva da Conad, Coop e Granarolo e dalle altre imprese — i nomi sono quelli sugli scaffali — che hanno mandato qui i loro prodotti». La cassa integrazione regala troppo tempo libero e allora ci sono anche i libri, usati, con titoli di Giorgio Bocca, Piero Angela, Mark Twain. «A Modena — racconta l’assessore alle politiche sociali Francesca Maletti — di fame non muore nessuno. C’è la Caritas e ci sono le parrocchie, che danno le sportine di cibo e il vestiario. Il Comune aiuta a pagare l’affitto e le bollette. Portobello è diverso». C’è infatti chi preferisce impiccarsi in garage, piuttosto di farsi vedere in fila alla Caritas. «Con questo market privilegiamo la povertà che sta a mezza strada e che pensiamo possa essere momentanea. Noi diamo i punti solo a chi ha un reddito familiare IR-PEF superiore a 5.422 euro — sotto ci sono solo disperati veri o lavoratori in nero — e un valore Isee non superiore ai 10.000 euro».
In questo “ceto medio” della povertà una spinta viene accettata solo se non offende la dignità. «Ecco allora — dice Angelo Morselli, che guida anche il coordinamento di 23 associazioni di volontariato — la proposta dei punti che si possono “pagare” con ore di lavoro, qui o nelle altre associazioni. Nessun obbligo, ma dopo sei mesi di aiuto si valuta se il cliente si è dato da fare nella ricerca di uno stipendio e nel volontariato. Puoi non avere trovato un posto, ma devi dimostrare di averlo cercato».
«Io sono arrivata qui come volontaria — racconta Alessandra Cocchi, 47 anni, un figlio all’università — appena si è cominciato a parlare di Portobello. Ero già nella Protezione civile. Volontariato vuol dire soprattutto aiutare anche se stessi. L’ho capito l’anno scorso. Lavoravo come coordinatrice nell’abbigliamento, 2.100 euro al mese, e mi hanno messo in cassa integrazione. Ora sono in mobilità, 920 euro. Se non reagisci, ti chiudi in casa. Tanto, si esce soprattutto per andare a lavorare o a fare la spesa. Senza lavoro e con pochi soldi, dove vai? Il volontariato ti dà scadenze, ti obbliga a non stare sul divano a deprimerti. Paradossalmente, io volontaria al Portobello forse ne diventerò anche utente. I capi, qui, mi hanno detto che devo fare domanda al Comune perché ho le carte in regola. In fondo, credo di essere un esempio. Non ti devi vergognare, se hai perso il lavoro non è colpa tua. Qui e nelle altre associazioni incontri persone come te, con la voglia di tirarsi fuori. Al Portobello ho fatto i corsi per fare la cassiera, il controllo qualità, l’accoglienza, l’approvvigionamento. Contro la depressione c’è una sola ricetta: non avere nemmeno un’ora vuota».
Per i bambini c’è un angolo per fare disegni e giochi. “Babbo, hai preso il cocomero?”.


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