Il vaso di coccio della maggioranza

Loading

Perché un Partito Democratico così indebolito dalle polemiche oltre a danneggiare se stesso, rischia di assestare un colpo all’esecutivo guidato da Enrico Letta. Questa stranissima maggioranza assomiglia a un patto di sindacato aziendale. Ma esiste un socio con qualche azione in più. I numeri in parlamento parlano chiaro: questo socio è il Pd. Eppure si presenta davanti all’opinione pubblica, e – ben più grave – nei rapporti di forza dentro la coalizione governativa, come l’anello debole. Come “un vaso di terracotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro”. Ha lasciato che la guida politica dell’esecutivo diventasse contendibile. Il Pdl e il suo leader Silvio Berlusconi, nonostante la grave difficoltà vissuta, nonostante i 6 milioni di voti persi a febbraio, nonostante un processo incombente che potrebbe sancire l’interdizione dai pubblici uffici per il Cavaliere e quindi la sua uscita di fatto dalla politica attiva, ecco nonostante tutto questo il governo è apparso egemonizzato dal centrodestra nella selezione delle priorità e nella concreta attuazione dei provvedimenti.
A Palazzo Chigi, però, siede un esponente del Pd. L’ex vicesegretario. E proprio per questo le fibrillazioni che stanno devastando i democratici, sospingendoli verso il burrone di una potenziale scissione, non potranno che riflettersi sulla compagine guidata da Letta. Come potrà il premier, ad esempio, condurre la sua azione su Imu e Iva evitando le svolte squilibrate dell’alleato se il suo partito è diviso su tutto? Come potrà contrastare le pretese berlusconiane se il maggior partito italiano non è in grado di offrire una sua agenda? Tutti sanno che la crisi economica, l’emergenza occupazione, il peso mastodontico del debito pubblico reclamano misure urgenti e per così dire “innovative”. Ma c’è il sospetto che, con un Pd così diviso, anche Palazzo Chigi non potrà avere la forza di proporre – dentro il perimetro della coalizione – ricette riformatrici in grado di limitare il peso delle richieste conservatrici del Pdl. E nemmeno di contrastare – in Parlamento – gli slogan demogogico-populisti del Movimento 5Stelle. La linea proposta ieri da Epifani, Bersani, Franceschini e, in parte, dallo stesso Letta, non è stata contestata solo da Matteo Renzi. Ma anche dai Giovani Turchi e Cuperlo, da veltroniani e prodiani. Come si può pensare che un quadro così frastagliato non abbia ripercussioni sul governo?
Con una maggioranza così composita, l’esecutivo non può che essere del “fare”. Viene giudicato dalle cose che produce, dalle leggi che approva, dalle soluzioni che presenta. E il Pd sembra non voler essere propositivo. Anzi, come il cane che si morde la coda, trasferisce le sue difficoltà al governo e questo le rigira – anche involontariamente – sul partito. I guai dei Democratici sono insomma causa ed effetto. Il peso negativo di sostenere lo “strano governo” per questo ricade sul centrosinistra. E non è un caso che gli ultimi sondaggi attribuiscano una crescita al centrodestra. Senza la forza propulsiva del Pd, il dividendo politico di questo esecutivo va a finire solo nel catino della futura Forza Italia.
Questo esecutivo ha davanti a sé un percorso tanto più proficuo, quanto più il “socio maggioritario” riuscirà a caratterizzarlo. Poi, certo, nessuno può nascondere che dietro la battaglia congressuale si stagli il grande interrogativo che riguarda il ruolo di Matteo Renzi. L’attuale stato maggiore democratico teme che una sua vittoria al prossimo congresso possa mettere immediatamente fine all’esperienza di questo esecutivo. Tutti citano l’esempio di Veltroni nel 2007 e quello di D’Alema nel 1998. Un modo per dire che il leader – magari battezzato da primarie popolari – non può aspettare il turno troppo a lungo. Un sospetto peraltro che il sindaco non fa nulla per smentire provocando la reazione difensiva degli altri. Il presidente del Consiglio, infatti, ha ripetutamente cercato un’intesa con il sindaco di Firenze per arrivare ad un cambio della guardia ordinato e proficuo per il Paese. Dopo avere posto le condizioni di un nuovo rapporto con l’Unione europea, avviato le condizioni per una ripresa economica e occupazionale, e soprattutto avere cestinato l’orrenda legge elettorale, il Porcellum. Ma per fare tutto questo serve un Pd che funzioni da vero architrave e che si prepari a sfidare il Pdl tornando ad una fisiologica contrapposizione. Se fa tutto questo anche Renzi non potrà che prenderne atto. Ma, fino ad allora, a Largo del Nazareno dovranno ricordarsi che un partito perennemente spaccato può riuscire solo in un’impresa: indebolire anche il governo e dare per l’ennesima volta una boccata d’ossigeno a Berlusconi.


Related Articles

Padania senza padani

Loading

   LE ELEZIONI appena svolte hanno cambiato l’Italia. O meglio: hanno fatto emergere – esplodere – cambiamenti latenti e profondi, ma ancora inespressi e in-visibili.

Decreto subito per Imu e Cassa Riforma Fornero, primi ritocchi

Loading

Sospensione della rata di giugno, 1,5 miliardi per il lavoro Meno vincoli sui contratti a tempo. Dell’Aringa: sgravi a chi assume

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment