La talpa Cia che nessuno vuole

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MOSCA — Inizia alla A di Austria e finisce alla V di Venezuela l’elenco dei Paesi, Italia compresa, ai quali Edward Snowden ha inviato in qualche modo una richiesta di asilo politico. Ma per ora sembra chiaro che pochi sono interessati ad aiutare l’ex agente che lavorava per la National Security Agency americana (Nsa) e che ha rivelato la vasta rete di spionaggio degli Stati Uniti. Snowden non si può muovere dal nascondiglio nel quale si trova dopo aver lasciato Hong Kong. Ufficialmente è nella zona transiti dell’aeroporto di Sheremetyevo, anche se questo sembra sempre più improbabile visto che nessuno l’ha mai visto nei bar, nei ristoranti, nelle sale e salette vip. E in dieci giorni avrà pur dovuto mangiare, bere, e andare al bagno.

Comunque il suo stato di viaggiatore senza visto russo, senza più il suo passaporto americano (annullato dall’amministrazione Obama), privo del lasciapassare ecuadoregno (ritirato dal presidente Rafael Correa) gli impedisce di compiere gli atti necessari perché la sua richiesta possa essere presa in considerazione. In diversi Paesi, tra i quali il nostro, una richiesta di asilo deve essere presentata di persona. In alcuni casi invece una lettera di Snowden è stata portata nelle sedi consolari moscovite da collaboratori di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, il sito di rivelazioni sullo spionaggio. Ad altri Paesi è arrivato semplicemente un fax e questo non è certamente sufficiente: «Chi ci dice, ad esempio, che sia veramente una lettera di Snowden?» si chiedeva ieri un diplomatico basato nella capitale russa.

Così alcuni Paesi se la sono cavata rispondendo che la domanda non può essere presa in considerazione: Norvegia, Islanda, Olanda, Spagna, Svizzera, Finlandia, Irlanda. Altri Stati hanno risposto con un secco «no». L’India, ad esempio, che non vede alcun motivo per concedere a Snowden asilo e il Brasile che ha deciso di non esaminare la domanda.

La Russia sembrava ben disposta, anche perché Mosca si può trincerare dietro il fatto di aver deciso da anni una moratoria sulle esecuzioni capitali. «Non possiamo consegnare nessuno a un paese dove invece rischierebbe la pena di morte». Solo che Snowden ha ritirato la richiesta presentata al Cremlino. O perché Vladimir Putin ha detto che l’asilo sarebbe stato assicurato solo se lui avesse smesso di danneggiare gli Stati Uniti. Oppure perché non lo attirava l’idea di vivere in un paese dove l’Fsb (successore del Kgb) continuerebbe ad avere un grande interesse per gli altri suoi segreti.

Ora Snowden accusa direttamente il governo americano per avergli tolto il passaporto «pur senza aver ricevuto nessuna condanna». Afferma che gli Usa «vogliono spaventare quelli che potrebbero compiere gli stessi passi». A suo sostegno è arrivato un nuovo intervento del padre che ora lo difende. E, naturalmente, lo appoggiano i capi di quei paesi dell’America Latina che potrebbero alla fine accoglierlo. Il presidente dell’Ecuador che lo difende anche se poi finisce per ricordare che Snowden, comunque, era una spia americana fino all’altro ieri. Evo Morales, che sostiene che la sua Bolivia sarebbe pronta ad accogliere il fuggiasco, e che ieri in serata è stato al centro di un giallo. Di ritorno da Mosca, il suo volo è stato costretto ad atterrare a Vienna dopo che Francia e Portogallo hanno negato lo spazio aereo, temendo che a bordo ci fosse Snowden.

Infine c’è Nicolas Maduro, che è succeduto a Chávez in Venezuela e che ieri era anche lui a Mosca. Per lui Snowden «ha solo detto una grande verità per prevenire guerre. E l’intera umanità dovrebbe proteggerlo». Si diceva ieri che Snowden avrebbe potuto partire direttamente anche con l’aereo presidenziale di Maduro. Solo che il presidente farà una tappa in Bielorussia prima di tornare a Caracas. E non è del tutto certo che Aleksandr Lukashenko, bollato come l’ultimo dittatore d’Europa, non avrebbe approfittato per trattenere Snowden nella zona transiti dell’aeroporto di Minsk. Se non altro come merce per eventuali scambi futuri.

Fabrizio Dragosei


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