Eta pronta al disarmo entro l’anno, resta il nodo dei prigionieri

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MADRID. Se tutto andrà come previsto, la fine dell’anno in corso dovrebbe coincidere con la fine definitiva dell’Eta. Lo hanno riferito all’agenzia di stampa spagnola Efe fonti coinvolte nel processo di pacificazione. Hanno assicurato che l’organizzazione indipendentista intraprenderà entro la fine di dicembre – a due anni dall’annuncio del cessate il fuoco definitivo – il processo di disarmo che segnerà l’abbandono irreversibile della lotta armata. La consegna dell’arsenale – che tace dal 2010, anno dell’ultimo attentato, ma è ancora nelle mani dell’organizzazione – sarà un processo «lento» che avverrà sotto il controllo di un organismo internazionale, dato che l’Eta non riconosce come interlocutori né il governo centrale né le istituzioni basche, che in un primo momento sembrava dovessero essere coinvolte.
Il disarmo – secondo quanto riferito all’Efe – procederà per fasi: la prima, quella che dovrebbe iniziare nelle prossime settimane, si limiterà alla diffusione dell’inventario delle armi, degli esplosivi e dell’ubicazione delle basi della guerriglia; per la consegna effettiva dell’armamento bisognerà invece attendere una fase successiva per la quale non è ancora stata fissata alcuna data. Pur così, si tratterebbe di un passo storico, atteso da più parti: dal governo, ovviamente, dalla società spagnola, ma anche dalla sinistra abertzale – il braccio politico dell’organizzazione – che con la dissoluzione di Eta, in vista degli appuntamenti elettorali del 2014, potrebbe portare avanti l’attività politica senza l’incombente ombra dell’Eta. La decisione avrebbe inoltre ripercussioni importanti sui prigionieri politici.
Con il disarmo, gli etarras attualmente in carcere riceverebbero il via libera per usufruire dei benefici penitenziari individuali previsti dalla legge e mai richiesti da nessuno, come imposto dalla linea di condotta dell’organizzazione; segno che ormai sia l’Eta sia la sinistra abertzale, considerano impraticabile la strada di un negoziato con il governo per la concessione di benefici collettivi ai detenuti. Sulla sorte dei reclusi – al centro delle trattative di pace – inciderà anche la decisione dell’esecutivo in merito all’applicazione della dottrina Parot, già dichiarata illegale dal Tribunale dei diritti umani di Strasburgo. Questa legge fa sì che l’applicazione degli sconti di pena avvenga sul totale degli anni imposti dalla condanna anziché sul periodo massimo di detenzione stabilito dalla legge spagnola, che è di 30 anni. Se l’attuazione di questa legge – che di fatto istituisce una forma dissimulata di ergastolo – dovesse essere sospesa, più di 50 etarras potrebbero uscire dal carcere.
Intanto si guarda ai prossimi appuntamenti sulla strada verso la consegna delle armi e la dissoluzione di Eta: il primo è previsto per il 16 e 17 settembre in Messico, dove si ritroveranno varie personalità sudamericane per discutere e sostenere il processo di pace; un secondo meeting internazionale sarà organizzato dal partito di sinistra abartzale EH-Bildu e si terrà ad ottobre nella città spagnola di San Sebastian (governata proprio da Bildu). Dopo 55 anni e più di 800 persone uccise, la parabola dell’Eta potrebbe essere davvero sul punto di esaurirsi, e in questo processo i prossimi mesi saranno cruciali. Qualcuno è scettico, ma gli esperti e le parti coinvolte nel lungo percorso di pacificazione sembrano non avere dubbi: questa volta non ci sarà marcia indietro.


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