Povertà, le regioni bocciano la Social card. Ecco la loro proposta

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ROMA – La vecchia social card non piace alle regioni. Motivo: fa spendere soldi allo Stato e non incide sulla qualità di vita delle persone indigenti. Molto meglio potenziare la nuova social card e, nel contempo, continuare a pensare a un sostegno di inclusione attiva (Sia), così come introdotto sulla scena pubblica dal ministro Giovannini qualche tempo fa. Una posizione che sarà formalizzata con degli emendamenti da presentare, come regioni, nel corso della discussione sulla Legge di Stabilità.

A rendere nota la posizione delle regioni è la coordinatrice degli assessori regionali alle Politiche sociali, Lorena Rambaudi. La filosofia di fondo è chiara e viene sottolineata dalla stessa Rambaudi: “Sappiamo che il momento è difficile, non ci permettiamo quindi di fare richieste non esigibili con le poche risorse a disposizione. Noi chiediamo solo che i pochi soldi vengano spesi meglio!”.

Sia, social card e Fondo sociale. Afferma la Rambaudi: “Il Sia ha creato aspettative. Ha destato interesse, curiosità. Come regioni crediamo che sia importante che l’Italia vada verso una misura universalistica di contrasto alla povertà. Sinceramente, credo che non ne possiamo fare a meno. Però gli studi mostrano che per tale misura c’è bisogno di un budget iniziale di 1,5 miliardi, budget che a regime sarà di circa 7 miliardi! Inizialmente sembra che il ministero volesse attingere ai fondi europei e in tal senso c’è stata un’esplorazione. Tuttavia si è visto che le risorse europee non possono essere usate per erogazioni monetarie dirette. Possono essere legati ai progetti di inclusione collegati ma non alla misura economica in sé”.
Da qui la necessità di accantonare per il momento il Sia e dirigersi verso opzioni più fattibili. “Il fatto che non ci siano soldi per il Sia – continua la Rambaudi – non giustifica il mantenimento della spesa per misure come la vecchia social card, una misura assistenzialista con scarso impatto sulla povertà. E’ uno spreco di denaro! Meglio continuare a puntare sulla social card sperimentale, quella pensata per le città metropolitane, allargando il raggio d’azione. Una misura, questa, legata a progetti individuali. Su questo siamo disponibili a confrontarci”.
Da qui la proposta: “Il Fondo sociale previsto nella legge di Stabilità è di 250 milioni di euro. O meglio, sarebbero di 300 milioni ma 50 vengono trattenuti dal Governo. Siamo ai minimi storici. Altri 250 milioni sono previsti per la social card. E’ qui che vorremmo intervenire. La nostra proposta è quella di togliere 100 milioni dai 250 previsti per la social card (o meglio, per la vecchia carta acquisti, ndr) e dirottarli sul Fondo sociale, con la precisa indicazione che essi devono andare a supportare i servizi contro la povertà”. Una proposta che, a parità di risorse, viene considerata più efficace e rispondente alla realtà.

Non autosufficienza. C’è infine l’altro problema, quello legato alla non autosufficienza. Un problema riportato in prima pagina in queste ore dalla protesta del Comitato 16 novembre e dalla morte di Raffaele Pennacchio, membro del comitato, avvenuta all’indomani della protesta dei malati di Sla e del confronto avuto con il viceministro Guerra e i sottosegretari Baretta e Fadda). “Come regioni avevamo detto al ministro Giovannini e al viceministro Guerra che un Fondo non autosufficienza a 250 milioni avrebbe portato proteste. Il Fondo per tre anni è stato di 400 milioni, poi è stato azzerato, poi los corso anno si è portato a 300 milioni, una cifra considerata una vera e propria ‘soglia minima’. Come regioni ci impegnamo a fare la nostra parte”.

Emendamenti pronti a inizio novembre. La proposta su social card e Fondo sociale sarà formalizzata il 6 e 7 novembre prossimi, quando si riuniranno dapprima la commissione Politiche sociali e poi la conferenza dei presidenti. Sarà quella l’occasione nel corso del quale gli assessori presenteranno la domanda per ricalibrare gli intereventi contro la povertà. Una proposta che, con l’appoggio dei presidenti, diventerà un vero emendamento da presentare in sede di dibattito sulla legge di Stabilità. (daiac)

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