Carcere, Civati: ”Quanta ipocrisia, l’amnistia non ha i numeri”

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Roma – Troppa ipocrisia sulla questione carceri. A dirlo e’ il candidato alla segreteria del Pd Giuseppe Civati, che replica, senza citarlo, anche alla posizione di Matteo Renzi. “Prendere le distanze dalle soluzioni proposte del Colle non e’ coraggioso, e’ molto facile. Popolarissimo e banalissimo dire che le persone che devono stare in carcere stiano in carcere. Il problema e’ come. E la civilta’ fa parte del concetto di legalita’, anzi, mi dispiace, lo precede”, dice Civati.

L’ipocrisia, aggiunge, “fa rima anche con amnistia. Perche’ e’ una soluzione che dovrebbe essere preceduta da una forte autocritica, da un’analisi piu’ complessiva di come funziona la giustizia, che affronti la complessita’ di un fenomeno che porta in carcere soprattutto (se non esclusivamente) alcuni tipi di persone. Perche’ bisogna essere chiari: se si procede in questa direzione, si sappia che stiamo parlando di chi e’ in carcere per reati legati agli stupefacenti. E spesso si tratta di stranieri. Qui si deve intervenire, senza troppi giri di parole, innanzitutto provando a cambiare la Fini-Giovanardi: farlo con Giovanardi, esponente della destra filo-governativa, non sara’ facilissimo. Altro passaggio dettato dall’attuale situazione, che spesso invita, appunto, all’ipocrisia”.

Secondo Giuseppe Civati c’e’ pero’ “un’ipocrisia suprema: ci sono i voti in Parlamento per fare questo? Secondo me non ci sono. I duecento parlamentari che hanno dichiarato il loro appoggio a Renzi (che immagino lo seguano nella sua contestazione alla lettera di Napolitano) si aggiungono ai grillini e ai leghisti, ai destri di ogni genere e tipo che si sono gia’ dichiarati contrari piu’ o meno a qualsiasi soluzione”.

Il candidato alla segreteria del partito Democratico illustra la sua proposta per la soluzione del problema, elaborata con Salvatore Tesoriero.

Il dato di partenza e’ che “il sovraffollamento carcerario non solo esiste (e’ nei numeri, 64.758 detenuti al 30 settembre 2013 a fronte di una capacita’ regolamentare di 47.615 posti), non solo chiama a provvedimenti urgenti (com’e’ noto il 28 maggio 2014 scade il termine posto dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per realizzare misure di contenimento del sovraffollamento penitenziario ed evitare al nostro paese centinaia di condanne per violazione della Convenzione), ma e’ soprattutto un problema di legalita’”.

Per Civati e Tesoriero e’ indispensabile in primo luogo “che i provvedimenti clemenziali (indulto/amnistia) siano adottati a valle di un intervento sistematico che operi sia sui flussi d’ingresso in carcere (riducendoli) sia sulle maglie d’uscita dal circuito penitenziario (allargandole per i detenuti meno pericoli). Bisogna finirla, insomma, di guardare alle misure straordinarie come fossero misure ordinarie: l’indulto e l’amnistia sono misure straordinarie, misure tampone. Non curano la patologia, ma ne alleviano sintomi e manifestazione”.

Agire sulla struttura, osserva il deputato democratico, “non e’ utopia. Come ricordato da Napolitano, vi e’ gia’ un disegno di legge delega approvato dalla Camera e ora in Senato che introduce la possibilita’ per il giudice di applicare la messa alla prova per reati meno gravi e la detenzione domiciliare come pena principale”. Si tratta, spiega, di “modifiche piccole, ma importanti. A questo vanno affiancati interventi, anche questi ricordati da Napolitano, sulla custodia cautelare, sul trasferimento dei detenuti stranieri nei loro Paesi d’origine per scontare la pena, oltre ai, troppo spesso solo evocati, interventi di depenalizzazione di reati di minima gravita’”.

Su questo versante, Civati fa riferimento a “due tipi di intervento poco valorizzati ma decisivi per razionalizzare il ricorso alla detenzione carceraria. Il 40% circa dei detenuti e’ in attesa di giudizio: e’ fondamentale agire sulla leva della custodia cautelare elevando la restrizione domiciliare a misura custodiale principale, salvo i casi in cui le esigenze cautelari siano di particolare gravita’. Per selezionare efficacemente la popolazione carceraria bisogna impegnarsi a conoscerla. Il carcere e’ la casa degli ultimi. Per renderla piu’ vivibile bisogna agire sui reati degli ultimi. Un quarto dei detenuti e’ in carcere per reati connessi all’utilizzo/spaccio di sostanze stupefacenti. E’ indispensabile superare l’ottuso rigore della legge Fini-Giovanardi e, soprattutto, investire sulle strutture socio-riabilitative come centri dove scontare la maggior parte della pena. I reati in materia di stupefacenti necessitano, in linea di massima, di una risposta in termini di assistenza piu’ che di carcere”.

Quanto alle misure “a valle degli interventi strutturali”, Civati ammette che puo’ essere adottato anche un provvedimento clemenziale (amnistia/indulto) purche’ siano attentamente selezionati i reati da includervi (solo reati la cui estinzione/condono abbia effetto sul sovraffollamento perche’ le relative pene sono tendenzialmente eseguite in carcere – per lo piu’ reati contro il patrimonio e stupefacenti – con esclusione di quelli che hanno impatto sulla detenzione limitato nonostante la gravita’ – reati contro la pubblica amministrazione). I soggetti destinatari (con esclusione dei soggetti gravati dalle piu’ gravi forme di recidiva). La disciplina: non cumulabilita’ con precedenti provvedimenti di clemenza (un imputato piu’ importante di altri non ne sara’ lieto, ma tant’e’); reviviscenza della pena indultata in pena da espiare in caso di nuovo reato”.

Con particolare riferimento all’indulto, Civati spiega che “il limite di anni di pena condonata, che andrebbe limitata ad un periodo ben piu’ ridotto di quanto suggerito da Napolitano. Un anno di indulto interesserebbe una platea di oltre 10.000 detenuti sufficiente – insieme agli altri prospettati interventi ad avvicinare notevolmente la soglia di capienza regolamentare senza costi reali sulla recidiva stante l’esiguita’ del residuo pena”.

(DIRE)

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