Moody’s: deficit sopra il 3%

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ROMA — Il day after della fiducia al governo riporta l’orologio dell’emergenza economica e dei problemi di finanza pubblica al punto di partenza. Dopo l’agenzia di rating Fitch che, nel pieno della tempesta politica degli ultimi giorni, aveva pronosticato che la caduta dell’esecutivo avrebbe messo a serio rischio i conti pubblici, ieri a crisi risolta si è espressa Moody’s. L’agenzia di valutazione di Washington è apparsa solo parzialmente rassicurata dall’esito del duro confronto istituzionale: ha definito la fiducia all’esecutivo Letta «il miglior risultato possibile», ma ha anche osservato che le turbolenze politiche degli ultimi giorni evidenziano la «fragilità» dell’esecutivo e dunque «possono ritardare le riforme strutturali» e «compromettere la ripresa». Risultato: «L’Italia non conseguirà l’obiettivo di riportare il deficit entro il limite del 3 per cento del Pil entro il 2013». Come è noto oggi il deficit è, secondo le valutazioni
del governo, al 3,1 per cento e per l’Fmi al 3,2.
Se le “sentinelle” del rating sono nuovamente allertate, la situazione dell’economia reale resta critica. L’Istat ha fatto sapere ieri che il potere d’acquisto delle famiglie continua a ridimensionarsi: nel 2012 è crollato del 4,7 per cento, il peggior risultato dal 1990, che il Codacons quantifica in 1.642 euro per un nucleo di tre componenti.
La reazione del governo ad entrambe le emergenze ieri è giunta immediata. «Prenderemo le misure necessarie per rispettare la soglia del 3 per cento a breve, nel prossimo consiglio dei ministri», ha subito replicato il viceministro del Tesoro Stefano Fassina. «Le misure sono pronte», ha assicurato e ha spiegato che le risorse saranno reperite attraverso l’accelerazione della dismissione degli immobili pubblici e con tagli alla spesa corrente. Complessivamente, ha annunciato Fassina, entro la fine dell’anno serviranno misure per 5 miliardi: una volta archiviata la questione Iva, ci sono la cassa integrazione, le missioni e la seconda rata dell’Imu. «Bisognerà fare delle scelte e una valutazione complessiva», ha tuttavia osservato riferendosi all’Imu.
E ieri proprio il Pd, con una mossa a sorpresa, ha presentato un emendamento al decreto Imu che ridimensiona l’abolizione della prima rata Imu ai soli immobili con una rendita catastale inferiore ai 750 euro: si tradurrebbe in un incasso di 1,2 miliardi (esentando l’80 per cento dei proprietari) che potrebbero riaprire la partita dell’Iva dal 1° novembre e costituire uno schema per la seconda rata.
Il vero banco di prova si annuncia la legge di Stabilità che dovrà essere varata entro metà mese. Fornisce i criteri il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta: «Enti locali, imprese e lavoro: sono questi i soggetti sui quali costruire il provvedimento ». «Dentro il capitolo enti locali ci sono la service tax e il Patto di Stabilità – ha spiegato – mentre nell’altro capitolo c’è la riduzione del carico fiscale sui lavoratori ».
Il cantiere della legge di Stabilità è ufficialmente aperto. In prima linea c’è la questione del cuneo fiscale, operazione volta a dare maggiore potere d’acquisto nelle buste-paga attraverso uno sconto fiscale per datori di lavoro e dipendenti: un mix che il ministro del Lavoro Enrico Giovannini sta allestendo e che potrebbe prevedere sconti Irap, Irpef e Inail. Il costo complessivo arriverebbe ad una decina di miliardi, service tax e Comuni compresi, da recuperare con vendita di immobili, nuova spending review e tagli ai ministeri.


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