Ogni anno in Italia 2.500 nuovi malati “Vogliamo curarci, ma a casa nostra”

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ROMA — Una malattia drammatica, resa ancora più terribile dalla difficoltà per le famiglie di trovare un aiuto economico adeguato. In Italia l’assistenza alle persone colpite da Sla risente di almeno un paio di guai tipici del nostro sistema sanitario: scarsità di risorse e differenze troppo grandi nell’offerta delle Regioni. Le associazioni che scendono in piazza chiedono di risolvere questi due problemi e di ridurre i ricoveri dei malati nelle Rsa (residenze sanitarie assistite). Il punto non sono le prestazioni mediche e infermieristiche, che devono essere garantite da tutte le Asl a casa del paziente o in ospedale. Quello che entra in gioco nelle proteste di piazza è il fondo sociale erogato dal ministero del Lavoro, ovvero i soldi che servono a pagare le badanti che aiutano le famiglie, alle prese con malati che perdono gradualmente l’uso del proprio corpo.
In Italia ci sono 6.000 persone colpite dalla Sla, le nuove diagnosi sono circa 2.500 all’anno. Il primo stanziamento nazionale destinato esclusivamente alla patologia risale alla fine del 2011 ed è stato di 100 milioni di euro. Quei soldi però non sono stati distribuiti alle Regioni in base al numero dei pazienti presenti sul loro territorio, ma a quello degli abitanti con più di 65 anni di età. «Non aver rispettato il dato epidemiologico ma quello demografico ha creato dei problemi, provocando disparità di trattamento», spiega Christian Lunetta, responsabile medico scientifico di Aisla, l’associazione più importante dei malati. Così le Regioni si sono mosse in ordine sparso. Qualcuno ha previsto assegni da 1.500 euro al mese vincolati all’assunzione di un “care giver” (Toscana), altri hanno ideato voucher di valore compreso tra 500 e 2.500 euro da consegnare già al momento della diagnosi (Lombardia). C’è chi ha stanziato quasi 4mila euro al mese (la Sardegna) risparmiando sulla chiusura di posti in Rsa per i malati di Sla. Ma ci sono anche realtà che non hanno ancora dato i soldi ai loro malati. Il Lazio, per esempio, ha deciso come sostenere le famiglie soltanto nel settembre scorso, quasi
due anni dopo dallo stanziamento nazionale. Anche in Campania a molti i soldi non sono arrivati. «Raffaele Pennacchio, proprio lui, non aveva ancora visto un centesimo del suo assegno mensile. Per questo si batteva», dice Mariangela Lamanna, vicepresidente del “Comitato 16 novembre”.
Nel marzo del 2013 il fondo è stato ri-finanziato e alzato a 280 milioni. Sembrerebbe una buona notizia, ma non lo è. Nel decreto infatti è stato scritto che la maggior parte del denaro serve per disabili gravi e anziani non autosufficienti e solo il 30% vada a finanziare «interventi a favore di condizioni di disabilità gravissima, compresa la Sla». Si tratta di circa 93 milioni che devono essere destinati anche ad altre malattie invalidanti (paresi cerebrali, demenze). I pazienti da aiutare sono molti di più di 6.000, forse anche dieci volte tanto secondo Aisla. «C’erano molte famiglie che si erano organizzate in base al fondo del 2011 e ora dovranno riorganizzarsi », dice Lunetta. Il punto è che anche l’anno prossimo le cose potrebbero non essere molto diverse. Nella bozza di legge di Stabilità si faceva riferimento, per il 2014, a un fondo simile a quello del 2013. Per questo motivo il “Comitato 16 novembre” è sceso in piazza. «C’è bisogno di più soldi — dice Mariangela Lamanna — Dopo l’incontro che abbiamo avuto mercoledì al ministero ci hanno promesso un aumento. Secondo noi il fondo deve essere portato almeno a 600 milioni di euro ». Il sottosegretario alla Salute Paolo Fadda, che ha partecipato all’incontro con le associazioni, è molto chiaro riguardo ai soldi: «Qualsiasi sforzo farà il Governo, non basterà a soddisfare aspettative e bisogni di queste persone in situazioni drammatiche. Dobbiamo lavorare per sfruttare le risorse al meglio e sburocratizzare il settore».


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