«Ridurre il debito, più riforme» Le richieste di Bruxelles all’Italia

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BRUXELLES — La Commissione Europea ha chiesto di rivedere la legge di Stabilità per mettere sotto pressione il governo italiano e far attuare misure più rigide di risanamento dei conti pubblici. Meno di un’ora dopo, nell’edificio di fronte sulla stessa rue de la Loi a Bruxelles, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni è uscito alcuni minuti dalla riunione del Consiglio Ecofin per replicare alle valutazioni negative del vicepresidente della Commissione e responsabile degli Affari economici, il finlandese Olli Rehn, rassicurando sulla finanza pubblica dell’Italia.
La Commissione Europea, nell’ambito della nuova governance comune delle politiche di bilancio, ha criticato la legge di Stabilità per il 2014 perché «è a rischio di non rispettare le regole del Patto di stabilità e di crescita». In particolare le previsioni della Commissione stimano che «non consentirà di ridurre il rapporto debito/Pil in linea con l’obiettivo di contenimento». L’Italia ha un indebitamento previsto ben oltre il 130% del Pil nel 2014, mentre si sta avvicinando il Fiscal compact sottoscritto dai Paesi membri, che impone di ricondurlo verso il 60% del Pil in venti anni (a partire dal 2015).
Al governo italiano viene contestato di «aver fatto limitati progressi in relazione alla parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio diffuse dal Consiglio nell’ambito del Semestre europeo». La conclusione di Bruxelles è un invito perentorio ad attuare le «misure necessarie» per garantire un bilancio 2014 in linea con il Patto di stabilità, ad «affrontare i rischi individuati dalla Commissione» e ad «accelerare i progressi» nell’attuazione delle raccomandazioni del Semestre europeo.
In modo ancora più drastico arriva l’annuncio di perdita dei tre miliardi di euro per investimenti produttivi da scorporare dal calcolo complessivo delle uscite. «La Commissione ha concluso che l’Italia non può godere della clausola per gli investimenti nel 2014 perché, in base alle previsioni d’autunno della Commissione, non potrà attuare l’aggiustamento strutturale minimo richiesto per riportare il rapporto debito/Pil su un percorso di riduzione sufficiente». A Bruxelles temono anche «una mancata piena attuazione delle misure contenute nella manovra e l’annacquamento della bozza di bilancio in Parlamento» a suon di emendamenti.
Rehn ha negato l’inopportunità della tempistica per le critiche alla legge di Stabilità, in relazione ai rischi di sopravvivenza del governo Letta, perché in Italia «quest’anno ogni giorno è stato un momento politico delicato, come spesso negli anni precedenti». Ma il vicepresidente finlandese ha aperto alla concessione della clausola per gli investimenti, se verrà ridotto il debito di «almeno lo 0,5% in termini strutturali».
Saccomanni non ha cavalcato le continue accuse sugli effetti recessivi spesso provocati dall’attuazione delle raccomandazioni della Commissione Europea nelle politiche di bilancio nazionali. Ha principalmente escluso che da Bruxelles sia arrivata una bocciatura. Ha aggiunto ironicamente che «non ci voleva Sherlock Holmes per capire che il debito aumentava». Ha garantito «massima attenzione alla necessità di ridurlo» con misure «in avanzato stato di definizione» e in grado di rispettare gli obiettivi. Tra queste ha messo al primo posto la spending review per il taglio delle spese, affidata a Carlo Cottarelli, promettendo un clamoroso risultato in tre anni «tra 1 e 2% del Pil», pari a circa 15-30 miliardi. Altri interventi per fare cassa sarebbero «le privatizzazioni, le misure per il rientro dei capitali e la rivalutazione delle quote di Bankitalia». In questo modo, secondo Saccomanni, la conseguente riduzione del debito pubblico riaprirebbe «la possibilità di avvalersi della clausola degli investimenti».
Ivo Caizzi


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  CI SAREMMO aspettati che il ministro Grilli avesse reagito immediatamente alla pubblicazione su questo giornale, sabato 29 settembre, dei testi delle conversazioni telefoniche fra il ministro, allora direttore generale del Tesoro, e Massimo Ponzellini, ai tempi presidente della Banca Popolare di Milano.

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