Insulti razzisti, scende in campo il governo

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PARIGI. Il primo ministro Jean-Marc Ayrault si è rivolto alla magistratura «in applicazione dell’articolo 40 del codice di procedura penale» perché venga aperta un’inchiesta giudiziaria sulle «ingiurie pubbliche a carattere razziale» di cui è stata vittima la ministra della giustizia, Christiane Taubira.
La denuncia riguarda il settimanale di estrema destra Minute, da ieri in edicola con in prima pagina una foto di Taubira e un titolo: «Furba come una scimmia, Taubira ritrova la banana» (c’è anche un gioco di parole, tra banana e sorriso). Minute fa riferimento ad avvenimenti degli ultimi giorni, che il governo finora aveva preferito ignorare: ingiurie razziste contro l’antillese Taubira, a cui persino una bambina di 12 anni aveva sventolato sotto il naso una banana scandendo: «scimmia, mangia la banana» (la bambina era stata portata dai genitori a fine ottobre a una manifestazione contro il matrimonio per tutti, che porta la firma della ministra). Qualche giorno prima, una candidata del Fronte nazionale (poi sospesa dal partito di estrema destra) aveva spiegato di «preferire vedere Taubira su un albero invece che al governo».
Di fronte alla copertina di Minute, il governo ha deciso finalmente di reagire. Anche se la stessa Taubira resta prudente, perché teme che il risultato sia solo una pubblicità gratuita per un settimanale praticamente inesistente (ma che per l’occasione ha tirato a 40mila copie). Qualche giorno fa, il parlamento aveva applaudito Taubira, vittima di ingiurie, ma i deputati di destra non si erano mossi. Ieri, invece, le reazioni sono state unanimi. Da sinistra e da destra Minute è stato condannato. «Grado assoluto di abbiezione» per l’ex primo ministro Alain Juppé, «rivoltante» per l’ex ministro Bruno Le Maire, «profondamente scandaloso» per il segretario dell’Ump, Jean-François Copé. Anche il Fronte nazionale ha condannato Minute: «inammissibile» per il vice-presidente Florian Philippot, che pero’ ha sottolineato che il governo ha «la volontà politica di recuperare il dibattito a suo vantaggio«.
A sinistra, Ayrault ha ricordato in parlamento che «il razzismo non è un’opinione, ma un reato punito dalla legge». Per Arnaud Montebourg, ministro del Rilancio produttivo, «l’abbiezione ha i suoi limiti». Per Harlem Désir, segretario del Ps ed ex di Sos Racisme, la copertina di Minute «non è tollerabile». Il ministro degli interni, Manuel Valls, studia le possibilità di proibire la diffusione di Minute, «non possiamo tollerare una cosa del genere».
Eppure, il governo ha tardato a reagire alle manifestazioni di razzismo, sempre più frequenti, contro Taubira, presa di mira dal movimento della «Manifestazione per tutti» e dalla «Primavera francese», due formazioni anti-matrimonio gay. Taubira ha a più riprese sottolineato che gli attacchi non sono contro la sua persona, ma «vanno al cuore della Repubblica, è la coesione sociale che viene abbattuta, la storia di una nazione che viene messa in causa». Su Libération, Taubira ha spiegato che si tratta di «un lungo scivolamento. Periodicamente, e ancora sotto l’ultimo quinquennato (con Sarkozy) si è costruito un nemico interno. Coloro che sono incapaci di delineare un orizzonte passano il tempo a dire al popolo francese che è invaso, assediato, in pericolo. Prosperano sulla dottrina del declino». Il giornalista di Tf1 Harry Roselmack (uno dei pochi neri della tv) ha denunciato su Le Monde: «la Francia razzista è di ritorno». Ayrault ha invitato a una reazione «repubblicana». Ma nel Ps molti esitano a convocare una «marcia dei repubblicani», che potrebbe aver luogo l’8 dicembre, «per far indietreggiare l’intolleranza», per paura di non avere seguito. Il governo ha deciso di reagire agli insulti rivolti a Hollande, l’11 novembre, mentre il presidente commemorava la fine della prima guerra mondiale. Anche in questo caso erano esponenti dell’estrema destra e del movimento anti-matrimonio omosessuale. Ma le rivolte che stanno scoppiando un po’ dappertutto in Francia – berretti rossi, verdi, arancione contro le tasse – segnalano un clima generale di sfida.


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