Stipendi, riesplode il caso statali “Discriminazioni sugli aumenti”

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ROMA — Il blocco c’è, ma non per tutti. Dopo il pasticcio – e relativo dietrofront del governo – sulla richiesta fatta agli insegnanti, di restituire gli scatti d’anzianità loro versati, un altro caso infiamma la platea degli statali. Il blocco delle retribuzioni cui tutto il settore è sottoposto dal 2010 – e che l’ultima legge di Stabilità ha confermato per il 2014 – comincia a registrare qualche cedimento – ma le aperture non riguardano tutte le categorie. A sollevare la questione è stato non tanto il caso dei professori (che, assieme alle forze di sicurezza, sono gli unici ad avere diritti agli scatti) quanto quello del personale non docente, i cosiddetti Ata.
Il governo ha chiesto anche a loro di restituire i soldi ricevuti per mansioni svolte oltre i normali compiti, poi anche in quel caso la pretesa è rientrata. Una soluzione lodata da tutti i sindacati, ma che potrebbe dar vita a polemiche. «A differenza degli scatti – commenta Michele Gentile, coordinatore del settore pubblico per la Cgil – gli aumenti per la progressione della carriera sono riconosciuti a tutto il settore pubblico, ma da quando vige il blocco, l’avanzamento ha solo effetti giuridici, non economici. La busta paga resta ferma». Forzare quel blocco «inaccettabile e discriminante è giusto, ma bisogna fare in modo che a goderne degli effetti possano essere tutte le categorie, non sono quelle che riescono a pesare di più o a trovare al loro interno risorse per coprire i compensi». Sul caso Ata il ministero dell’Istruzione e dell’Economia hanno pubblicato una nota congiunta che annuncia un «imminente procedimento legislativo per impedire la sostituzione delle somme precedentemente richieste». «Se ci deve essere una legge – commenta Gentile deve riguardare tutte le categorie ».
Stessa linea per la Uil. «Il blocco perpetrato a danno degli statali è devastante, frena gli stipendi personali, abbassa la pensione del futuro, non concede la defiscalizzazione sugli straordinari prevista per gli altri settori, penalizza sistematicamente una categoria. La partita va chiusa per tutti, non si può andare avanti per fughe solitarie» dice Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil.
Gli avanzamenti in carriere non premiati dal punto di vista economico riguardano tutte le categorie degli statali, ma a combattere la battaglia più aspra sono le forze di sicurezza. «Nella nostra categoria la mancata corresponsione economica per un grado in più corrisponde in genere ad un aumento delle competenze in materia di sicurezza pubblicaspiega Felice Romano, responsabile del Siulp, sindacato di polizia – ma se sbagliamo, paghiamo i danni per i quali siamo responsabili grazie ai nuovi incarichi con gli stipendi ottenuti per i vecchi. In Italia ci sono almeno 50 questori di recente nomina ricompensati come vice-questori. E la questione si ripresenta anche negli incarichi più bassi: anche noi, come la scuola, abbiamo accantonato dei fondi per ricompensare quelle categorie dove far carriera è impossibile, ma a non ci è concesso utilizzarli. Non ci danno aumenti e ci negano i nostri soldi». Non è per tutti così, dice Romano: «Ai vigili del fuoco promossi a primo dirigente è stato recentemente concesso di percepire il relativo aumento in busta paga. Giustissimo, ma perché a noi no? Il tetto ai compensi è stato definito incostituzionale per i magi-strati, non anticostituzionale per i diplomatici, il nostro ricorso è in attesa di verdetto. Questo governo fa troppe differenze, ci sono figli e figliastri, è vergognoso».


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