Electrolux, retromarcia tra rischi d’immagine e blocchi ai cancelli

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È la stessa Electrolux ad annunciare ufficialmente la novità con una lettera indirizzata a sindacati, governo e Regioni nella quale gli svedesi assicurano la stesura di un nuovo piano industriale con «investimenti» per l’impianto friulano e si impegnano a rendere noto il tutto al prossimo incontro istituzionale. Anche per quanto riguarda la fabbrica veneta di Susegana la Electrolux fa sapere che è previsto un «aggiornamento del piano industriale e dell’allocazione dei prodotti». Nella lettera l’Electrolux prende atto delle disponibilità manifestate da governo e Regioni e sostiene di condividere la proposta avanzata dai sindacati di ripristinare la decontribuzione a favore delle imprese che ricorrono a contratti di solidarietà, «come mezzo per abbassare velocemente ed efficacemente il costo del lavoro senza intaccare i salari». L’azienda, infine, intende mantenere lo schema di orario a 6 ore esclusivamente attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali e chiede però alle organizzazioni sindacali di interrompere sin da lunedì 10 febbraio «tutte le attività di blocco delle merci e prodotto finito» messe in atto negli stabilimenti.
Le prime reazioni sindacali sono improntate a un cauto ottimismo. Si prende atto con soddisfazione che l’ipotesi di delocalizzare non è più in campo e che addirittura su Porcia potrebbero convergere lavorazioni – come le lavabiancheria di fascia alta – che in un primo tempo si prevedeva di destinare ad Olawa, il distretto polacco del bianco. Anche le produzioni che sarebbero dovuto andare in Ungheria dovrebbero, a quanto si capisce, restare a Susegana e i riflessi occupazionali di entrambe le scelte sono più che evidenti.
A determinare il clamoroso dietrofront dell’Electrolux sono state sicuramente le reazioni politiche, sindacali e dell’opinione pubblica alle prime ipotesi di trasferimento in Polonia ma pare anche che la pubblicità negativa abbia generato dei riflessi di carattere commerciale. In sostanza sembra che sia diventato ancora più difficile vendere apparecchi Electrolux ai consumatori italiani non solo per la scarsa disponibilità di reddito ma anche proprio a causa della posizione assunta dall’azienda nella prima fase della vertenza. Mentre negli anni passati Electrolux era sempre stato sinonimo di buone relazioni italo-svedesi, gli ultimi sviluppi avrebbero portato ad accomunare il brand scandinavo con la globalizzazione più brutale.
Adesso molto se non tutto dipende dalla risposta che il governo darà sulla decontribuzione. L’incontro di Roma che era previsto per il 17 febbraio potrebbe slittare di qualche giorno o di una settimana per dar modo alle parti di mettere a punto la ricucitura della vertenza ma in situazioni così delicate frenate e accelerazioni improvvise non sono prevedibili. Ieri sera comunque il ministro Flavio Zanonato ha salutato con vivo favore l’annuncio Electrolux – senza però citare esplicitamente la richiesta di intervenire sulla decontribuzione – e lo ha paragonato a una «rondine» che dovrebbe a breve far primavera. «La direzione – ha dichiarato – è quella del piano industriale che prevede il rilancio dell’elettrodomestico». Intanto anche sul versante Indesit si avvicina l’ora delle grandi decisioni. Il gruppo marchigiano sta per scegliere, con l’ausilio di Goldman Sachs, un partner internazionale. E crescono le possibilità che l’alleato risponda al nome della Haier, l’azienda cinese che possiede già un piccolo impianto di frigoriferi in Veneto e che potrebbe con questa eventuale scelta insediarsi alla grande in Europa.
Dario Di Vico


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