Passa il decreto uccidi-ambiente

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Le imprese potranno com­pen­sare per il 2014 le car­telle esat­to­riali con i cre­diti verso la pub­blica ammi­ni­stra­zione; il fondo cen­trale delle Pmi potrà pre­stare garan­zia anche per le società di gestione del rispar­mio; i soldi per i bonus libri erano troppo pochi e quindi sono diven­tati cre­dito d’imposta per i librai, ma soprat­tutto l’articolo quat­tro ribat­tez­zato sul Web come «con­dono ambien­tale». Tutto que­sto è il decreto Desti­na­zione Ita­lia appro­vato ieri alla Camera con 320 sì e 194 no (1 aste­nuto) che entro il 21 feb­braio dovrà diven­tare legge al Senato, pena la deca­denza. Per cui sem­bra più che pro­ba­bile il ricorso alla fidu­cia. Un decreto che ha stral­ciato diverse norme rispetto al testo licen­ziato dal Con­si­glio dei mini­stri ma che con­serva comun­que nume­rosi arti­coli molto contestati.

Uno su tutti pro­prio l’articolo 4 che nel testo ori­gi­na­rio sem­brava scritto per favo­rire le aziende inqui­nanti. In extre­mis ieri pome­rig­gio è arri­vata una modi­fica voluta dal depu­tato Pd Ermete Rea­lacci che ha comun­que lasciato aperti nume­rosi dubbi.

Per affron­tarli ieri sono arri­vati a Roma i comi­tati ambien­ta­li­sti pro­ve­nienti da tutta Ita­lia e la Rete dei comuni Sin, i Siti di inte­resse ambien­tale, cioè i buchi neri d’Italia, i ter­ri­tori più inqui­nati del Paese.

L’articolo pre­vede che qual­siasi azienda respon­sa­bile di aver inqui­nato un deter­mi­nato ter­ri­to­rio (dall’Ilva di Taranto all’Eni di Porto Tor­res all’Enel di Porto Tolle, alla Caf­faro di Bre­scia, c’è solo l’imbarazzo della scelta) potrà, gra­zie a que­sto arti­colo, sti­pu­lare un accordo con lo Stato e rice­vere finan­zia­menti pub­blici (la quan­tità non è spe­ci­fi­cata) per la ricon­ver­sione indu­striale dei siti. Inol­tre – que­sto è il punto che ha subito una modi­fica – era pre­vi­sto un con­dono delle respon­sa­bi­lità per le aziende che sot­to­scri­ve­vano l’accordo. I soldi sareb­bero ser­viti per l’ammodernamento azien­dale o per le bonifiche.

«Salta il prin­ci­pio euro­peo del “chi inquina paga” – ha detto Mariella Maf­fini, asses­sore all’ambiente di Man­tova e coor­di­na­trice della rete dei comuni Sin – è come scen­dere a patti col dia­volo». Gli ambien­ta­li­sti pro­met­tono dieci giorni di lotta in piazza men­tre i sin­daci affi­lano le armi per pre­sen­tare un ricorso alla Com­mis­sione euro­pea. «L’articolo deve essere can­cel­lato, senza modi­fi­che», hanno detto in coro.

La rispo­sta è stata indi­retta, ma senza dub­bio era inviata al pre­si­dente ono­ra­rio di Legam­biente Rea­lacci che, in con­tem­po­ra­nea con la con­fe­renza stampa, faceva sapere in una nota di aver modi­fi­cato l’articolo in questione.

Con il nuovo testo – poi votato – si pre­vede che il con­dono delle respon­sa­bi­lità possa avve­nire, ma solo dopo che l’Arpa abbia accer­tato «l’avvenuta boni­fica e messa in sicu­rezza dei siti». C’è scritto così: boni­fica e messa in sicu­rezza, come se non fos­sero due azioni che si eli­mi­nano a vicenda. E poco importa se Rea­lacci ha anche pre­ci­sato che i soldi rice­vuti dallo Stato dovranno essere spesi per l’impianto indu­striale e non per le boni­fi­che, di com­pe­tenza delle aziende respon­sa­bili del danno.

Infatti poco dopo è inter­ve­nuto il por­ta­voce dei Verdi Angelo Bonelli in un com­mento che sem­bra tec­nico ma non lo è: «Boni­fica e messa in sicu­rezza sono due cose dif­fe­renti. Se c’è l’una è inu­tile l’altra. Il testo così come è scritto è pro­prio diven­tato inapplicabile».

I Sin sono 39. Rispetto a un anno fa sono 18 in meno: con un decreto del governo Monti, zone che vanno da La Mad­da­lena alla Valle del Sacco inclusa anche la Terra del Fuoco sono stati «declas­sati», dive­nuti Sir, siti di inte­resse regio­nale. La com­pe­tenza della boni­fica spetta alle regioni. Con­tro que­sto decreto sono scese in capo anche le asso­cia­zioni che lo hanno impu­gnato al Tar. Insomma, un pastic­ciac­cio con­tro il quale medi­tano guerra gli ambientalisti.

«Occu­pe­remo le piazze, saranno dieci giorni di bat­ta­glie», assi­cura Egi­dio Gior­dani, por­ta­voce del comi­tato stop bio­ci­dio della Cam­pa­nia, forte della mani­fe­sta­zione che il 16 novem­bre scorso ha por­tato in piazza a Napoli circa cen­to­mila per­sone. I sin­daci si muo­vono su un piano più isti­tu­zio­nale, pre­pa­rando il ricorso alla Com­mis­sione euro­pea per­ché, sosten­gono, anche in que­sta ultima acce­zione modi­fi­cata è sal­tato il prin­ci­pio valido in tutta Europa del «chi inquina paga».


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