Big Pharma, svelato l’accordo truffa “Boicottava la medicina a basso costo”

Big Pharma, svelato l’accordo truffa “Boicottava la medicina a basso costo”

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Big Pharma, il cartello delle grandi multinazionali del farmaco, è stata scoperta e multata. Roche e Novartis dovranno pagare oltre 180 milioni di euro, rispettivamente 90,5 milioni e 92 milioni, per essersi accordate illecitamente con l’obiettivo di favorire la vendita del farmaco molto più costoso (Lucentis) rispetto a quello low cost (Avastin) destinato alla cura di una grave malattia degli occhi, la maculopatia. La decisione è dell’Antitrust. Le due aziende annunciano ricorso al Tar. Due procure, quella di Roma e quella di Torino, hanno aperto un’inchiesta.
Questa volta Big Pharma, il cartello delle grandi multinazionali del farmaco, è stata scoperta e multata. Roche e Novartis dovranno pagare oltre 180 milioni di euro, rispettivamente 90,5 milioni e 92 milioni, per essersi accordate illecitamente con l’obiettivo di favorire la vendita del farmaco molto più costoso (Lucentis) rispetto a quello low cost (Avastin) destinato alla cura di una grave malattia degli occhi, la maculopatia che senza terapie adeguate porta alla cecità.
La clamorosa decisione è stata presa ieri dall’Antitrust italiano guidato da Giovanni Pitruzzella. È una delle multe più elevate comminate in tutta la sua storia dall’Authority. Sulla stessa vicenda indaga dal 2012 il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello; ieri ha aperto un fascicolo la procura di Roma che ha affidato gli accertamenti al pm Nello Rossi; il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha chiesto al Consiglio superiore della sanità nuovi accertamenti sull’Avastin; la Corte dei Conti ha acquisito dal Garante del mercato tutta la documentazione raccolta durante l’inchiesta avviata un anno fa. Perché una dose di Avastin ha un prezzo tra i 15 e gli 80 euro, mentre una di Lucentis viaggia intorno ai 900 e ce ne vogliono almeno sei nel corso dell’anno. L’Antitrust dice che per colpa del cartello il servizio sanitario ha già speso 45 milioni di euro in più, la Società oftalmologica italiana (Soi) stima che circa 100 mila pazienti non possono essere curati perché i costi non sono compatibili con i budget all’osso degli ospedali imposti dalla logica della spending review. E con l’avvocato Riccardo Salomone ha presentato un esposto alla procura di Torino ipotizzando i reati di truffa aggravata e addirittura di corruzione Si difendono Roche e Novartis: «Sono accuse infondate. I due farmaci sono diversi». Entrambe hanno annunciato che ricorreranno al Tar. Sarà una battaglia. Perché questa è una storia complessa nella quale si intrecciano, come sempre con Big Pharma, la ricerca scientifica e la ricerca dei profitti, la produzione privata e le regole fissate dalle autorità pubbliche competenti, le autorizzazioni e le successive deroghe, la cura delle malattie e la concorrenza
tra aziende, gli accordi sottobanco e le strategie di marketing, le lobby. Questa è una storia esemplare.
UNA SCOPERTA ITALIANA IN CALIFORNIA
Tutto inizia in California. Lì nei laboratori della Genentech di San Francisco (prima che venisse acquistata al 100 per cento dalla Roche), Napoleone Ferrara, catanese d’origine ora con doppio passaporto, vincitore nel 2010 del prestigioso premio Lasker Awards che in molti casi ha condotto poi al premio Nobel, scopre un principio per
bloccare il fattore della crescita dei vasi sanguigni. È il principio contenuto nell’Avastin, un farmaco biotecnologico prescritto per la cura dei tumori metastatici al colon retto, all’ovaio, alla mammella, al rene e al polmone. L’Avastin viene registrato negli Usa dalla Genentech e dalla Roche nel resto del mondo, Italia compresa. A partire dal 2004, da quando cioè questo farmaco viene commercializzato, si accerta che i pazienti colpiti anche dalla degenerazione maculare senile (malattia molto diffusa tra gli over 60 e prima causa di cecità nelle popolazione) finiscono per guarire. Diversi approfondimenti tecnici confermano l’efficacia terapeutica del farmaco. La Roche, però, non chiede di registrarla anche per gli usi oculari. Lascia il campo a Lucentis, prodotta dalla Novartis. «È però un fatto — scrivono Michele Bocci e Fabio Tonacci nel libro-inchiesta sulla malasanità, “La mangiatoia” — che nella maggior parte dei paesi d’Europa e soprattutto negli Usa i medici scelgono l’Avastin. Del resto il National Eye Institute del National Institute of Health degli Usa ha pubblicato uno studio nell’aprile del 2011 dopo aver provato i due farmaci su 1.200 pazienti dimostrando che Lucentis e Avastin hanno gli stessi effetti contro la degenerazione maculare».
IL NO DELL’AUTHORITY
In Italia no, però. Anche se, nel 2007, l’utilizzo dell’Avastin nella cura delle maculopatie fu permesso dall’Aifa (l’agenzia del farmaco) nella forma off label, quando cioè il farmaco viene prescritto dal medico sotto
la sua responsabilità nonostante non sia registrato specificatamente per quel tipo di malattia. Si va avanti così fino al 2012, quando l’Aifa esclude l’Avastin dalla “lista 648”, quella composta dai farmaci che appunto possono essere comunque utilizzati dal servizio sanitario nazionale. Da allora la sanità pubblica passa solo il carissimo Lucentis per le malattie della vista, con gli effetti sui pazienti e sui conti pubblici che abbiamo visto («era in gioco la salute dei pazienti ma anche il bilancio pubblico», ha detto il presidente Pitruzzella). Eppure almeno due studi indipendenti, l’americano Catt e il britannico Ivan, entrambi non finanziati dalle multinazionali del farmaco, dimostrano l’equivalenza nell’efficacia e nella sicurezza dei due farmaci. Certo colpisce la posizione espressa ieri dall’Aifa: «Si tratta di una sentenza storica per tutta l’Europa e non solo». Ora — ha aggiunto — bisogna approfondire «i rischi connessi all’uso su larga scala di farmaci non studiati per specifiche indicazioni terapeutiche e per i quali la farmacovigilanza si è dimostrata carente». Un’autocritica?
Ma perché è successo? Qui ci aiuta l’indagine dell’Antitrust. La tesi è che Roche e Novartis si siano messe d’accordo.
LA COLLUSIONE
Abbiamo visto che la Genentech è di proprietà della Roche che incassa alte royalties dalla concorrente Novartis per la commercializzazione del Lucentis che utilizza un principio attivo registrato dalla controllata americana della Roche. Ma c’è di più. Perché Novartis (entrambe le multinazionali hanno sede in Svizzera) partecipa per oltre il 33 per cento al capitale della Roche e dunque condivide pro quota gli utili.
Philippe Barrois, amministratore delegato della Novartis Italia, e Maurizio Di Cicco, ad della Roche Italia, si scambiano mail, finite nella documentazione raccolta dall’Antitrust. Novartis chiede alla concorrente di darsi da fare per mettere in evidenza i danni che può provocare agli occhi l’uso dell’Avastin.
L’ad della Roche mette significativamente tra virgolette la parola “differenziazione” riferita ai due farmaci. In un documento interno della capogruppo Novartis si legge che bisogna «generare e comunicare» preoccupazione relativamente alla sicurezza dell’Avastin nelle cure oftalmiche. E poi c’è il lavoro lobbistico, sui media specializzati, sui parlamentari delle commissioni competenti, sui medici, sugli organismi ministeriali. Così si fa cartello. Che si traduce in miliardi di profitti per le multinazionali e in maggiori costi per il servizio sanitario nazionale, cioè per noi. Nel 2014 quasi 600 milioni in più, ha stimato l’Antitrust.



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