Il Tesoro fa i conti sui tassi Finora 3 miliardi di risparmi
ROMA — La riduzione dello spread a 161 punti e dei rendimenti dei titoli pubblici all’emissione e sui mercati secondari, è andata oltre le previsioni. Il calo dei tassi dei Btp decennali al 3,17%, venerdì scorso, ha polverizzato il minimo storico dall’introduzione dell’euro registrato nel 2005, superando le stime non solo del governo ma anche della Banca d’Italia e degli altri istituti di ricerca. Il primo effetto – fatto salvo quello del rilancio dell’immagine del debito italiano presso gli investitori – è senza dubbio un risparmio nei conti del Tesoro. Difficile azzardare la cifra, quando gli esperti del ministero di via XX Settembre stanno ancora facendo i conti, ma si può ipotizzare con sufficiente approssimazione che la minor spesa per interessi rispetto alle previsioni superi abbondantemente i tre miliardi di euro. Resta da vedere se il governo vorrà utilizzare tale somma – che si attesterebbe attorno ai tre miliardi, una volta calcolati i possibili maggiori impegni per i pagamenti della Pubblica Amministrazione e per il servizio del debito – per finanziare le misure annunciate, prima fra tutte il taglio del cuneo fiscale.
Il risparmio infatti, come spiega il viceministro Enrico Morando, è a spread costante, presuppone cioè che il differenziale tra i rendimenti del Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata non torni ad aumentare troppo. I calcoli andrebbero fatti a fine anno e comunque si tratterebbe di impiegare ex ante un risparmio futuro. Gli interrogativi, insomma, non mancano: è certo comunque che gli investitori sono tornati a guardare con molto interesse all’Italia che nei prossimi mesi dovrà collocare sui mercati, solo per far fronte alle scadenze, 285 miliardi di titoli con aste particolarmente impegnative nei mesi di agosto e settembre. Alla fine di marzo i titoli di Stato in circolazione erano pari a 1.768.986,78 euro con una vita media di 6,32 anni.
La discesa dei tassi è stata rapida. Un dato vale per tutti: il tasso medio di interesse dei titoli di Stato, che nel 2013 aveva toccato il minimo storico del 2,08% a fine febbraio, senza calcolare quindi il tutto esaurito delle aste di marzo, è sceso all’1,57%. Un trend che è proseguito in marzo e che sembra destinato a continuare anche nei prossimi mesi, pure se ci sono i rischi connessi al ristagno dell’economia europea. Un’occasione per misurare questo ritorno di fiducia sull’Italia e sui suoi titoli, segnalato recentemente anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sarà l’appuntamento di Washington, dove nei prossimi giorni si riuniranno il G7 e il G20 finanziario e si svolgeranno gli incontri primaverili del Fondo monetario (Fmi) e della Banca mondiale.
Si tornerà a discutere di come mettere in sicurezza la crescita economica e per l’Europa di come far arrivare il credito all’economia superando i rischi di deflazione e del ristagno. Al centro dell’interesse saranno anche le mosse della Bce (Banca centrale europea), dopo l’annuncio del presidente Mario Draghi di una possibile operazione di stimolo all’economia con acquisto di titoli privati e pubblici per allargare la massa monetaria (quantitative easing) sul modello Usa . Ed è proprio a Draghi che ieri il direttore genera le del Fmi (Fondo monetario internazionale), Christine Lagarde si è rivolta per rintuzzare le critiche, seppur ironiche, da lui ricevute. Draghi in pratica aveva invitato Lagarde a non dare suggerimenti alla Bce alla vigilia della riunioni del consiglio direttivo, a meno di non fare lo stesso con la Banca centrale Usa.
«Diciamo quello che abbiamo da dire quando riteniamo che sia appropriato dirlo. Non siamo guidati dall’agenda di altre istituzioni. Riteniamo da tempo che la Bce debba affrontare il tema dell’inflazione» ha sostenuto Lagarde. A Washington, forse, il chiarimento.
Stefania Tamburello
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