Il piano della Fornero: «nuovo» articolo 18 e reddito minimo
ROMA — Ruota intorno a due elementi principali il progetto di riforma del lavoro a cui pensa il governo, almeno secondo quanto trapela: articolo 18 e reddito minimo garantito, cioè la norma dello Statuto dei lavoratori che i sindacati difendono come una bandiera e l’ammortizzatore sociale che in Italia non esiste, nonostante i ripetuti richiami dell’Ue. Elsa Fornero, ministro per il Welfare, penserebbe a uno «scambio»: allentamento (non cancellazione) dell’articolo di 18 in cambio dell’introduzione del reddito minimo, perseguendo quella che viene definita «flexsecurity», una maggiore flessibilità sostenuta da un sistema rafforzato di ammortizzatori sociali per compensare la maggiore precarietà del lavoro. Il tutto nel contesto di una riforma che riguarderà anche le regole della contrattazione.
L’articolo 18 prevede che le aziende possano licenziare solo per giusta causa (per esempio inadempienza contrattuale grave) o per giustificato motivo (crisi aziendale). Il licenziamento che non rientra in uno di questi casi può essere impugnato. Il lavoratore nelle aziende con più di 15 dipendenti ha diritto al reintegro o, se preferisce, a un’indennità (15 mensilità ). Nelle aziende con meno di 15 dipendenti, il datore di lavoro può pagare un risarcimento al posto del reintegro. Le ipotesi per «alleggerire» l’articolo 18 sono almeno due: ampliamento del concetto di giusta causa. Oppure introduzione di deroghe all’obbligo di reintegro. Secondo un recente intervento del giuslavorista Pietro Ichino, infatti, «le imprese possono licenziare solo quando sono ormai al fallimento, mentre bisognerebbe prevedere la possibilità di licenziare prima che le crisi aziendali diventino irreversibili». Del resto Aurelio Regina, leader di Confindustria Roma, sostiene che «in Italia fra contratti a termine, a progetto e via dicendo, ci sono troppe forme di flessibilità per l’ingresso nel lavoro, ma sono inutili, creano precarietà , mentre la flessibilità che serve è in uscita».
Il reddito minimo garantito in Italia era stato inserito per un breve periodo dal governo di centrosinistra su iniziativa dell’allora ministro Livia Turco ed è poi stato replicato in alcune regioni. Nella nuova forma questo ammortizzatore sociale dovrebbe essere formulato come un assegno mensile (fra i 500 e i 1000 euro per un massimo di 2 o 3 anni) per i giovani in cerca di prima occupazione o per i disoccupati che hanno difficoltà a ritrovare lavoro. C’è poi il tema dei contratti. Il governo vorrebbe superare l’attuale schema che attribuisce il peso maggiore alla contrattazione nazionale, a scapito di quella aziendale. L’idea, secondo quanto emerso, sarebbe di ridurre la parte di retribuzione legata ai contratti nazionali. La quota di trattamento economico trasferita nella contrattazione aziendale sarebbe resa più «ricca» per i lavoratori attraverso incentivi fiscali, a patto però che venga legata alla produttività .
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