Le scelte Fiat per Wall Street e il ruolo della Ferrari

Le scelte Fiat per Wall Street e il ruolo della Ferrari

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MILANO — «Sottolineiamo che la società ha un asset molto valorizzabile e monetizzabile nel suo marchio Ferrari», scrivevano il 4 settembre gli analisti di Jp Morgan a proposito di Fiat. Succederà? Non succederà? Il mercato si interroga, in assenza di indicazioni dal gruppo. Di sicuro il Cavallino rampante è da sempre l’oggetto dei desideri, sia come bene di lusso — conteso anche tra chi può permetterselo, visto che di Ferrari ne vengono prodotte appena 7 mila l’anno — sia come cuore di un’operazione finanziaria, specialmente adesso che Fiat-Chrysler, sotto il nuovo brand Fca, approderà tra un mese a Wall Street.
Investitori e analisti guardano alla possibile data del 13 ottobre come a un momento storico al quale il ceo Sergio Marchionne vuole presentarsi in perfetto ordine e con tutte le leve del comando in mano. Dunque, anche con quelle della Ferrari, che invece nei 23 anni con Luca Cordero di Montezemolo alla guida è stata una «repubblica autonoma» sebbene Fiat abbia il 90% (il 10% è di Piero Ferrari).
Lunedì 8 Mediobanca Securities spiegava che «nonostante le chance di una quotazione della Ferrari siano basse, la speculazione darà una mano al titolo Fiat» (ieri 7,69 euro, +1,65%). Al di là delle scelte future, è certo che alla base della rottura tra Marchionne e Montezemolo ci sia una profonda diversità di vedute: «Abbiamo fatto gestire la Ferrari da Montezemolo per un lungo periodo di tempo per due ragioni: l’indipendenza del produttore e il posizionamento del prodotto», ha detto Marchionne a Cernobbio. «Ma quando un’azienda cambia idea o non c’è più convergenza degli obiettivi, le cose cambiano».
Ciò che gli osservatori di cose Fiat spiegano è che Marchionne vuole presentarsi al mercato Usa con una Ferrari pienamente integrata in Fca. Un indizio in questo senso si registra nell’entourage di Maranello: «Ferrari è ormai americana, è la fine di un’era». Dietro quel commento c’è il rischio che una Ferrari integrata nel gruppo — e magari con una produzione più numerosa — possa perdere l’aura di esclusività che da sempre è la chiave del suo successo, e ancor di più se a guidarla sarà un manager poco avvezzo alle dinamiche del mondo del lusso.
A sostegno della linea di Marchionne c’è che dal 2004 ad oggi la Fiat è stata totalmente trasformata, anche con scelte molto nette dettate dall’esigenza di sopravvivere nella competizione mondiale. In questo contesto anche la Ferrari è chiamata a dare il suo contributo all’interno del gruppo, anche con la sua immagine. La critica esplicita di Marchionne a Montezemolo è stata per le mancate vittorie sportive in F1 dal 2008. Dal canto suo Montezemolo può vantare però risultati finanziari eccellenti, con vendite pari al 12% degli utili operativi della Fiat.
Le decisioni sulla Ferrari andranno viste anche alla luce delle scelte di Fca su un eventuale rafforzamento patrimoniale, a cui una quotazione del Cavallino potrebbe dare una mano. Le ipotesi circolate puntano comunque di più su un aumento di capitale o un bond convertibile, anche se Marchionne ha rinviato ogni decisione alla riunione del consiglio di amministrazione di fine ottobre, il primo nella nuova sede di Londra.
Fabrizio Massaro



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