Atene, la crisi infinita torna la paura Grexit

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CROLLA LA BORSA,BANCHE A PICCO
 BRUXELLES. LO SCIVOLONE della Borsa di Atene nel giorno della riapertura, per quanto atteso, mostra tutta la fragilità della soluzione trovata qualche settimana fa a Bruxelles per evitare l’uscita della Grecia dall’euro.
OGGI infatti l’unione monetaria di una delle maggiori potenze finanziarie e commerciali del Pianeta comprende un Paese economicamente collassato che non solo controlla severamente la circolazione dei capitali, violando una delle libertà fondamentali dell’Ue, ma che addirittura limita in modo draconiano la capacità dei propri cittadini di disporre dei loro risparmi. Con un grado di libertà economica per molti versi inferiore a quello dei passati regimi socialisti, la pretesa di far ripartire la Borsa di Atene era quantomeno velleitaria. E il tracollo di ieri ne è stato la puntuale conferma.
Rifiutando di accettare la soluzione più logica da un punto di vista economico, cioè l’uscita della Grecia dalla moneta unica accompagnata ad un drastico taglio dell’insostenibile debito greco, i dirigenti di Atene e i leader europei si sono imbarcati in un’impresa che non ha precedenti. La scommessa, apparentemente impossibile, è quella di rifondare l’economia di un Paese senza metterne in discussione una delle variabili fondamentali: la moneta. Mentre per tutti gli altri Stati membri della Ue l’ingresso nella moneta unica è il risultato di un lungo processo di evoluzione di tutti i parametri economici, dalla produttività al debito pubblico, dall’inflazione alla libertà di impresa, per la Grecia ora si tratta di percorrere la strada inversa. Atene resta un membro del club dell’euro, ma tutti i suoi parametri sono al momento drasticamente al di sotto dei requisiti impliciti nella moneta unica. La produttività è bassissima e in calo continuo, la decrescita economica appare inarrestabile e continua ad accelerare, i conti pubblici restano comunque insostenibili, le fondamentali libertà economiche sono al momento severamente limitate. Pensare che in una situazione del genere basti una iniezione per quanto generosa di finanziamenti europei per invertire la tendenza, è una pura e semplice illusione.
Vale allora la pena di ricordare come si è arrivati alla pasticciatissima soluzione del 13 luglio scorso quando, dopo una notte di estenuanti negoziati, si decise di tenere la Grecia nella moneta unica nonostante l’evidente insostenibilità economica di una simile soluzione. Per la verità, una maggioranza di 15 governi su 19 era favorevole alla proposta tedesca che prevedeva una uscita “temporanea” di Atene dall’euro e una radicale ristrutturazione del suo debito pubblico come premessa necessaria per avviare la rifondazione economica del Paese.
Ma le regole dell’euro non prevedono una procedura di uscita forzosa dalla moneta unica. L’unica soluzione era dunque che fosse lo stesso governo greco ad accettare di lasciare l’unione monetaria in cambio di un taglio del debito. Per spingere Atene su questa strada, i ministri economici dell’Eurogruppo avevano messo a punto una serie di condizioni a dir poco vessatorie, che comportavano la totale perdita di sovranità del governo ellenico sulla propria economia.
Ma Tsipras, ancora una volta, ha ribaltato il tavolo accettando praticamente tutte le condizioni che gli venivano imposte e rifiutando di chiedere un’uscita della Grecia dall’euro. Il premier greco ha scelto questa strada forse convinto che, alla fine, gli europei dovranno comunque accettare di tagliare il debito di Atene nonostante questo sia esplicitamente vietato dalla norme che regolano l’unione monetaria. Molti europei hanno accettato questa soluzione con un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo che una defezione dalla moneta unica avrebbe comportato per la tenuta dell’euro sui mercati.
L’integrità dell’unione monetaria è stata preservata, almeno sulla carta e al prezzo di nuovi ingenti finanziamenti europei convogliati verso la Grecia. Ma tutte le buone intenzioni di questo mondo non possono cancellare i dati reali dell’economia greca, che si regge solo sulla base delle pesanti limitazioni imposte alla libertà dei flussi finanziari. Il tracollo della borsa di Atene è solo il primo brusco richiamo a questa realtà. Ed è facile prevedere che, purtroppo, non sarà l’ultimo.


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