“Farò una politica gentile ma voglio vincere subito” Corbyn scalda la sinistra

“Farò una politica gentile ma voglio vincere subito” Corbyn scalda la sinistra

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BRIGHTON . «Non accettate l’ingiustizia. Lottate contro il pregiudizio. Costruiamo insieme una politica più gentile, una società con più compassione. Riportiamo in politica i nostri valori, i valori del popolo». Se qualcuno voleva sentir dire al leader del Labour “qualcosa di sinistra”, per citare il vecchio incitamento di Nanni Moretti a D’Alema, non è rimasto deluso dal primo discorso di Jeremy Corbyn al congresso annuale del suo partito. Con al collo una cravatta rossa e dietro di sé uno sfondo rosso, il 68enne nuovo capo dei laburisti parla con la passione del militante «che voglio sempre rimanere». La platea si infiamma. Lo interrompe più volte con gli applausi, lo saluta alla fine con un tripudio che sembra genuino.
Al di là dei programmi, e anche quelli sono parecchio “di sinistra”, il suo tono è diverso da quello dei predecessori degli ultimi vent’anni, non solo differente dal riformatore Tony Blair ma pure da due leader percepiti a loro volta come un po’ troppo radicali, Gordon Brown e Ed Miliband. Per questo Blair ha vinto tre elezioni mentre dopo di lui Brown e Miliband le hanno perse, commentano i politologi interpellati dallaBbc . Ma Corbyn promette di vincere, «subito, a cominciare dalle elezioni regionali in Scozia e Galles e per il sindaco a Londra dell’anno prossimo». Chissà se il vento rivoluzionario che arriva dall’Atene di Tsipras e dalla Spagna di Podemos arriverà fino al Tamigi.
Per adesso c’è che il nuovo leader della sinistra britannica è decisamente nuovo nei comportamenti. Al termine dell’orazione di un’ora, per esempio, non si è fatto raggiungere sul palco dalla moglie (la terza consorte, messicana, dopo una cilena e una inglese), che pure era seduta in prima fila in platea e che lui ha quindi raggiunto: il duetto un po’ patetico con la promessa “first lady” al braccio, un classico della politica americana e anglosassone, non fa per lui, che preferisce «le cose serie». E pur non mancando di attaccare la politica del governo conservatore si è astenuto dal lanciare ironie contro David Cameron, bersagliato sui tabloid per la storia delle “teste di maiale” con cui il premier si sarebbe bizzarramente dilettato in gioventù a Oxford: «Trattate tutti con rispetto», esorta i delegati al congresso di Brighton, «rifuggite dagli attacchi personali, da me non sentirete mai parole rudi».
Parole di sinistra, invece, sì, eccome. «La priorità va data alle persone, non ai profitti, la prosperità deve esserci per tutti, non solo per pochi», dice. Le ferrovie, privatizzate dalla Thatcher, vanno rinazionalizzate affinché funzionino meglio. I diritti umani vanno protetti ovunque, anche per i detenuti di Guantanamo. Le crisi del Medio Oriente vanno risolte con la diplomazia, non con le bombe; e la Gran Bretagna non ha bisogno di una nuova generazione di missili nucleari Trident (anche se su questo i sindacati, pensando ai posti di lavoro, sono contro di lui). E a chi mette in dubbio il suo patriottismo perché non canta “Dio salvi la regina” ( e forse non le farebbe l’inchino: del resto non nasconde di essere repubblicano), risponde così: «Amo questo paese per i suoi i valori di solidarietà, che lo hanno portato a fondare il welfare». Se siano i messaggi giusti per conquistare fra cinque anni Downing street, si vedrà. Ma chi voleva ascoltare “qualcosa di sinistra”, è stato accontentato.


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