Il Papa: Trump non è cristiano

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DAL VOLO PAPALE Sono passate poche ore da quando Francesco, a Ciudad Juárez, ha salutato e benedetto i migranti oltre il Rio Grande e la rete metallica che divide Messico e Stati Uniti. Si torna a Roma, il Papa raggiunge in fondo all’aereo i giornalisti che lo hanno seguito fino al confine e per un’ora risponde a tutte le domande, anche le più scomode, come quando elogia il coraggio di Ratzinger nella lotta alla pedofilia con parole che fanno capire le resistenze che subì in Curia. Anzitutto, però, c’è il tema che ha segnato il viaggio.
Santità, a Ciudad Juárez ha parlato di immigrazione. Uno dei candidati alla Casa Bianca, Donald Trump, ha detto che lei è un uomo politico e forse una pedina del governo messicano. Dice di voler costruire 2.500 chilometri di muro e deportare 11 milioni di immigrati illegali. Cosa ne pensa di queste accuse? E un cattolico americano può votarlo?
«Grazie a Dio, ha detto che sono politico: Aristotele ha definito la persona umana come “animale politico”, almeno sono una persona umana! Pedina? Mah, forse, non so, lo lascio al giudizio della gente. E poi una persona che pensa soltanto a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Quanto a votare o non votare, non m’immischio. Dico solo: quest’uomo non è cristiano, se dice così. Bisogna vedere se ha detto così, perciò do il beneficio del dubbio».
In Italia si discute di unioni civili. Qual è il suo pensiero, in particolare sulle adozioni?
«Prima di tutto, non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione coi vescovi italiani, a maggio del 2013, una delle cose che ho detto è stata: col governo italiano arrangiatevi voi, perché il Papa è per tutti e non può mettersi nella politica interna di un Paese. Questo non è il ruolo del Papa. L’Italia non è il primo Paese che fa questo, sono tanti. Io penso ciò che la Chiesa ha sempre detto».
Un documento dell’Ex Sant’Uffizio del 2003 dice che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi. Ha ancora valore?
«Io non ricordo bene quel documento, ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata. Direi solo questo, credo sia sufficiente. E dico “ben formata”, perché non è la coscienza del “quello che mi pare”. Quando a Buenos Aires è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso, e c’era il pareggio di voti, un parlamentare disse: “Preferisco dare il voto alla Kirchner e non a Bergoglio!”. Questa non è coscienza ben formata. Sulle persone dello stesso sesso, ripeto ciò che ho detto al ritorno da Rio de Janeiro e che è nel Catechismo della Chiesa Cattolica».
Il carteggio fra Giovanni Paolo II e la filosofa Anna Tymieniecka: un Papa può avere una relazione così intima con una donna?
«Di questo rapporto di amicizia si sapeva, i libri di lei sono conosciuti, lui era un uomo inquieto… A un uomo che non riesce ad avere un buon rapporto di amicizia con una donna, manca qualcosa. Un rapporto amoroso con una donna che non sia tua moglie è peccato. Un’amicizia con una donna non è peccato. Il Papa è un uomo, e ha bisogno anche del pensiero delle donne. Anche il Papa ha un cuore che può avere una amicizia sana e santa con una donna. Ci sono santi amici, come Francesco e Chiara… Ma le donne non sono ben considerate, non abbiamo capito il bene che una donna può fare alla vita di un prete e della Chiesa, nel senso di consiglio, aiuto, sana amicizia».
Per il virus Zika, alcune autorità hanno proposto alle donne di abortire o evitare la gravidanza. Per la Chiesa in questi casi c’è un male minore?
«L’aborto non è un male minore, è un crimine. È far fuori, come fa la mafia. Un male assoluto. Riguardo al “male minore”, evitare la gravidanza è un caso. Il grande Paolo VI, in una situazione difficile in Africa, ha permesso alle suore di usare contraccettivi per i casi di violenza. L’aborto non è un problema teologico ma umano, medico, un male in se stesso, si uccide contro il giuramento di Ippocrate. Invece evitare la gravidanza non è un male assoluto e in certi casi, come quello del beato Paolo VI, era chiaro. Io esorterei i medici a trovare vaccini, cure».
Sembra che l’unità europea vada in pezzi, la crisi, i rifugiati…
«Non so chi la approvi o no, ma ho sentito una parola che mi è piaciuta: la “rifondazione” dell’Europa. E ho pensato ai grandi padri. Oggi dov’è uno Schumann? Un Adenauer? I grandi che nel dopoguerra hanno fondato l’Ue? Mi piace questa idea della rifondazione, magari si potesse fare. Perché l’Europa ha una forza, una cultura, una storia che non si può sprecare».
In Messico il caso di padre Maciel (fondatore pedofilo dei Legionari di Cristo) ha lasciato eredità pesanti. Le vittime della pedofilia non si sentono protette, si cambia di parrocchia i sacerdoti coinvolti. Che ne pensa?
«Un vescovo che per questo cambia di parrocchia un prete è un incosciente e la cosa migliore che possa fare è dimettersi, presentare la rinuncia. Nel caso Maciel, bisogna rendere omaggio a chi si è opposto a tutto questo, il cardinale Joseph Ratzinger — un applauso per lui! — che ha raccolto la documentazione sul caso e come cardinale prefetto (dell’ex Sant’Uffizio, ndr ) ha fatto le indagini, ed è andato avanti ma non ha potuto andare oltre nell’esecuzione. Però dieci giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, Ratzinger disse che bisognava pulire la sporcizia della Chiesa. E lo stesso nella messa Pro eligendo Pontifice: non è uno sciocco, sapeva di essere un candidato, ma non gli importò di mascherare la sua posizione. È stato l’uomo coraggioso che ha aiutato tanti ad aprire la porta. Rendo grazie a Dio perché questa pentola è stata scoperchiata, bisogna continuare. Gli abusi sono una mostruosità, perché un sacerdote è consacrato per portare un bimbo a Dio e invece se lo mangia in un sacrificio diabolico, lo distrugge».
Come può la Chiesa perdonare più facilmente un assassino di chi divorzia e si risposa?
«Mi piace la domanda! Nel documento post-sinodale, che uscirà forse prima di Pasqua, si riprende ciò che il Sinodo ha detto sulle famiglie ferite. La parola chiave che riprenderò è “integrare” nella vita delle Chiesa le famiglie ferite».
Potranno fare la comunione?
«Questa è l’ultima cosa. È un lavoro di integrazione, tutte le porte sono aperte, ma non si può dire “d’ora in poi possono fare la comunione”. Sarebbe una ferita anche ai coniugi, perché non fa compiere loro quella strada di integrazione. Se c’è qualcosa di più, il Signore lo dirà loro, ma è un cammino, una strada».
Il Patriarca Kirill l’ha invitata a Mosca?
«Ciò che abbiamo detto in pubblico è quello che si può dire del colloquio privato. Ma posso dirle che io ne sono uscito felice, e anche lui».
Incontrerà il «papa sunnita» di Al Azhar?
«Io voglio e so che a lui piacerebbe, stiamo cercando il modo. Quella è la strada, ce la faremo».
Quali viaggi sogna?
«La Cina. Mi piacerebbe tanto andare là!».
Ha pregato a lungo davanti alla Madonna di Guadalupe, che cosa le ha chiesto?
«Ho pregato per la pace, per tante cose… La poverina ha finito con una testa così! Ho chiesto perdono, che la Chiesa cresca sana, ho pregato per il popolo messicano… Ma poi, le cose che un figlio dice alla mamma sono segrete».
Gian Guido Vecchi


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