A Strasburgo un voto contro la nostra salute

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Il voto del Parlamento Europeo che consente di alzare di oltre il doppio i limiti previsti per le emissioni di ossidi di azoto (NOx) per i diesel Euro 6 (168 mg per km contro gli 80 decisi nel 2007) è un regalo all’industria dell’auto e una conferma che i nostri polmoni non sono una priorità. Già oggi infatti i morti associabili ai livelli presenti di quest’inquinante sono oltre 70 mila in Europa. Dal 2020 è previsto un limite più basso (120 mg al km) ma che è sempre il 50% superiore a quello discusso 9 anni fa.

Che le emissioni di NOx dei veicoli diesel fossero ben diverse da quelle dichiarate lo si sapeva bene: per i diesel Euro 5 le stime su strada delle emissioni reali, per gli inventari delle emissioni inquinanti redatti dalle Agenzie per l’ambiente, erano da 4 a 5 volte superiori a quelle dichiarate. Per le emissioni di CO2 da anni l’associazione Transport&Environment (T&E) pubblica un rapporto per evidenziare le differenze su strada rispetto alle dichiarazioni formali, quelle che troviamo nelle pubblicità delle auto.

Il caso Volkswagen ha reso la pantomima visibile a livello globale. Adesso dalla pantomima si passa alla legalizzazione di un vero e proprio abuso. Nonostante il dieselgate, vincono le auto, perdono i nostri polmoni. A chi si deve questo brillante risultato? Essenzialmente alla pressione dei governi europei.

Questa ha portato la «tolleranza» sui test di emissione al 50%, mentre i rapporti tecnici indicavano nel 20% l’ampiezza di oscillazione corretta, come ha giustamente notato T&E, che chiede una revisione al 2017.

Il ruolo delle auto diesel nei mercati europei è cresciuto per una ragione strutturale. In previsione di una futura minore disponibilità di petrolio, si è iniziato a modificare la raffinazione per produrre meno benzina e più gasolio, in modo da sfruttare meglio il barile i cui prodotti sono sempre più legati ai trasporti. Come risultato si produce molto meno olio combustibile (che in Italia nel passato serviva a coprire oltre la metà della produzione elettrica). Questo «slittamento merceologico» ha avuto come contraltare un aumento significativo del parco auto diesel che oggi sono più di 15 milioni in Italia contro i 18 milioni di auto a benzina e i 2 a gpl e metano. In sostanza, i governi proteggono più che i nostri polmoni l’industria dell’auto e quella petrolifera, i cui prodotti di combustione trovano come filtri i nostri polmoni. Occorre liberarsi da questa tossicodipendenza e per questo ci vorrebbero politiche intelligenti della mobilità e una promozione della mobilità elettrica alimentata da una quota sempre crescente da rinnovabili. Le tecnologie ci sono ma purtroppo l’industria dell’auto in gran parte fa parte di quei dinosauri fossili che vorrebbero continuare come sempre. E i governi a promuovere trivelle e fonti fossili, bloccando le alternative.

Il referendum sulle trivelle potrà essere anche occasione di dibattito su che futuro vogliamo. Va accorpato alle amministrative: il ministro Alfano dice che serve una legge? Il governo la faccia e risparmi oltre 300 milioni di spesa. In fondo, il conflitto aperto dal governo italiano con l’UE e Turchia riguardava cifre inferiori.

* Direttore Esecutivo Greenpeace Italia



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