Banca d’Italia: è boom del debito pubblico ma il Pil si risolleva

Banca d’Italia: è boom del debito pubblico ma il Pil si risolleva

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Il 2017 chiuderebbe a +1,4%. Camusso (Cgil): lo Stato si è indebitato anche a causa dei bonus (renziani). Cari e di scarsa efficacia

Notizie in chiaroscuro, ieri, dalla Banca d’Italia. Le news negative sono un po’ più scontate, o perlomeno prevedibili, perché parlano di un nuovo record del debito pubblico italiano: in maggio è schizzato a 2.278,9 miliardi di euro, in rialzo di ben 8,2 miliardi rispetto al mese precedente. Poi ci sono gli aggiornamenti positivi, questi al contrario abbastanza inattesi: l’istituto diretto da Ignazio Visco ha corretto molto generosamente le previsioni sul Pil per il 2017, prevedendo una crescita dell’1,4%; nettamente più alta dello 0,9% preventivato in gennaio, ma anche rispetto all’1% stimato solo un mese fa, in giugno.

L’ITALIA CORREREBBE insomma con il vento in poppa, soprattutto se confrontiamo queste cifre relative al Pil con le performance degli ultimi anni. Ùn ritmo che si manterrebbe più o meno stabile anche nei prossimi due anni: nel suo bollettino economico, via Nazionale prevede un aumento dell’1,3% nel 2018 e dell’1,2% nel 2019. La spinta arriverebbe soprattutto dalla domanda interna, con una espansione dei consumi e degli investimenti «a ritmi relativamente sostenuti».

Il rialzo si registra anche nella produzione industriale: in maggio è aumentata dello 0,7% rispetto ad aprile, e nel secondo trimestre – in base a quelle che sono ancora stime – avrebbe segnato un +1% rispetto a quello precedente, dove al contrario il trend era negativo.

NEL 2019 IL PIL dell’Italia recupererebbe interamente la caduta connessa con la crisi del debito sovrano, avviatasi nel 2011, ma – spiega ancora Bankitalia – il nostro prodotto interno lordo «rimarrebbe tuttavia ancora inferiore di circa il 3% al livello del 2007», anno del crack di Lehman Brothers.

Da notare che le previsioni della Banca d’Italia sono le più ottimistiche in assoluto rispetto alle ultime diffuse da altri organismi: L’Fmi in aprile prevedeva una crescita dello 0,8% per il Pil del 2017; in maggio la Commissione Ue si fermava allo 0,9%; in giugno, infine, l’Ocse si è assestato sull’1%.

SU ANCHE l’occupazione (in aprile e maggio avrebbe guadagnato uno 0,2% rispetto al bimestre precedente), ma perché trainata dai contratti a termine: «Nonostante il venir meno degli incentivi alle nuove assunzioni a tempo indeterminato, nel primo trimestre del 2017 è proseguita la crescita dell’occupazione, trainata dalla componente a termine».

Nel 2017 risulta in crescita anche il trend dei prestiti alle famiglie, mentre subiscono una frenata quelli alle imprese: i primi nei tre mesi terminanti a maggio sono cresciuti del 2,8% anche se è rallentato il ritmo di crescita dei mutui casa (+2,5%) e si è rafforzato il credito al consumo. I prestiti alle imprese invece hanno segnato solo un +0,2%. Il motivo non sono le condizioni di offerta che, anzi, si sono ulteriormente allentate – spiega Bankitalia – ma la domanda frenata da aziende che hanno «ampia disponibilità di liquidità». Aumenta il credito per le grandi aziende (+0,7%) e cala nettamente per le piccole (-3,1%).

L’INFLAZIONE È DATA in crescita dell’1,4%, quindi ancora abbastanza sotto rispetto al traguardo 2% che si è dato il presidente della Bce Mario Draghi con il quantitative easing.

Sarebbe sceso anche il cosiddetto «rischio banche»: i corsi azionari degli istituti di credito italiani tra marzo e giugno sono saliti del 15%, contro il 7% dell’area euro. Il flusso dei crediti deteriorati è tornato ai livelli del 2008, quelli pre-crisi.
«Il tema del debito pubblico non è di per sé l’allarme», ha commentato la segretaria della Cgil, Susanna Camusso. «È indubbio – ha aggiunto – che una parte della crescita del debito pubblico è strettamente legata a una politica di diffusione di incentivi, bonus e non spese che si ripetono. Quello che servirebbe sarebbe fare un bilancio se quelle risorse hanno avuto l’efficacia rispetto alle dimensioni spese». La critica ai bonus elargiti in particolare dal governo Renzi – alto costo e bassa efficacia – è evidente.

I CONSUMATORI FANNO un calcolo ancora più dettagliato. Senza i decreti «salva banche», i contratti con i derivati e gli sconti fiscali sulle perdite, il debito pubblico italiano «sarebbe cresciuto 80 miliardi di euro in meno», spiega Elio Lannutti di Adusbef. Ecco le voci di carico: «20 miliardi di euro appostati per il Mps; sconti fiscali 19,8 miliardi di euro sulle perdite; incentivi fiscali sul recupero dei prestiti facili trasformati in sofferenze Npl; l’ultimo decreto per regalare le 2 banche venete a Banca Intesa, con una dotazione di 17 miliardi di euro; 24 miliardi erogati a banche affari sui derivati».

FONTE: Antonio Sciotto, IL MANIFESTO



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