Brasile, le lotte dei lavoratori senza tetto e senza paura

Brasile, le lotte dei lavoratori senza tetto e senza paura

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SAN PAOLO. Il Movimento dos Trabalhadores sem Teto (Mtst) – Movimento dei lavoratori senza tetto – ha da poco inaugurato due occupazioni nella periferia di São Paulo, entrambe dedicate alla memoria di Marielle Franco, la consigliera comunale del Psol – Partito socialismo e libertà – assassinata poco più di due mesi fa a Rio de Janeiro.

Marielle Franco

La sua morte ha scosso a tal punto le coscienze della sinistra brasiliana che a entrambe le occupazioni è stato dato il nome «Marielle»: oggi, le sue battaglie per i diritti delle donne, contro la discriminazione razziale e per la giustizia sociale trovano nuovo vigore nelle pratiche di uno dei movimenti sociali più importanti del paese.

L’MTST OCCUPA TERRENI che spesso vengono lasciati volutamente abbandonati dai proprietari per far aumentare i prezzi degli immobili, in una città in cui le difficoltà abitative sono enormi. In violazione di un principio sancito dalla costituzione post-dittatura del 1988: la proprietà privata deve svolgere una funzione sociale.

L’occupazione Marielle Vive è nata la notte del 27 aprile, quando centinaia di persone hanno tagliato il filo spinato che circondava il terreno prescelto nella periferia nord. Gli attivisti più esperti raccontano che la prima notte è la più importante e difficile: la polizia cerca di evitare che l’occupazione si consolidi, poiché, in seguito, le persone possono essere sgomberate solamente in forza di una decisione giudiziaria.

Fortunatamente è notte di luna piena e la luce illumina il terreno aiutando la costruzione delle prime rudimentali baracche: tre pali di bambù legati assieme su cui vengono fissati teli di plastica neri. Dopo qualche ora di intenso lavoro, numerose baracche costellano il terreno e le persone possono celebrare il successo in un’assemblea notturna: «Questa non è un’invasione, ma un’occupazione. Il terreno è abbandonato da più di 50 anni anche se era stato destinato ad abitazioni di interesse sociale. Non stiamo facendo nulla di illegale e non ce ne andremo di qui finché non ci saranno case per tutti voi».

I PRIMI GIORNI sono frenetici. Una macchina del movimento con l’altoparlante passa nel quartiere per invitare le persone ad unirsi all’occupazione mentre una coordinatrice spiega ai nuovi arrivati: «Quest’occupazione rappresenta la nostra lotta per la casa, una lotta collettiva per ottenere dal potere pubblico quello che è nostro di diritto. Qua non chiediamo soldi, l’unica cosa che chiediamo è la partecipazione alla lotta. Dovete costruire la vostra baracca perché essa rappresenta la vostra futura casa; ma è solamente simbolica, non siete obbligati a dormire qui. Ci vediamo alle 17 in assemblea».

La cucina comune lavora dal primo giorno offrendo colazione, pranzo e cena gratis a tutti gli occupanti. A distanza di quasi un mese, tremila famiglie si sono unite al movimento e hanno costruito la loro baracca a Marielle Vive.

A VOLTE LE OCCUPAZIONI durano anche anni. Il movimento negozia con le autorità municipali la costruzione di case popolari per gli occupanti. Nella maggior parte dei casi, il meccanismo è il seguente: attraverso il programma federale Minha Casa, Minha Vida – avviato nel 2009 durante il secondo governo Lula – la banca pubblica brasiliana investe il denaro necessario alla costruzione dei condomini. Gli occupanti diventano proprietari degli immobili pagando un mutuo agevolato. Le persone beneficiarie solitamente appartengono alle classi popolari e vivono in periferia; spesso tra affitto e alimenti non riescono ad arrivare alla fine del mese, o vivono in situazioni di precarietà.

TUTTAVIA, L’MTST NON È unicamente un movimento per la casa. Gli attivisti lottano per un generale miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari: accesso alla salute pubblica, asili, trasporti. Spiega uno dei coordinatori di Marielle Vive: «Siamo un movimento ibrido. Occupiamo in periferia perché qui possiamo raggiungere più persone che in centro. Il nostro obiettivo è organizzare il popolo per trasformare radicalmente la società brasiliana».

Il paradosso è che non ci sarebbe bisogno di costruire nuovi immobili, in Brasile ci sono più case sfitte che persone senza casa; ma mancano i programmi pubblici per la riqualificazione degli edifici vuoti. Anche il processo di esproprio da parte dell’autorità pubblica è molto lento e burocratico, praticamente nessun amministratore ha mai mostrato la volontà politica necessaria per realizzare gli espropri.

NEL VECCHIO EDIFICIO che ospita la sede del sindacato metallurgico di cui Lula fu presidente negli anni 70 si svolge l’assemblea dell’occupazione Povo sem Medo – popolo senza paura – di São Bernardo. É la prima da quando l’accampamento è stato volontariamente smantellato. Dopo sette mesi di lotta e contrattazione, gli occupanti hanno ottenuto quattro terreni in cui verranno costruite le loro case. L’atmosfera è elettrica, nella grande sala ci sono circa mille persone. I coordinatori aggiornano gli occupanti sulle prossime tappe; tutti insieme esclamano a gran voce gli slogan del movimento. La disciplina è sorprendente: nonostante la folla, il rumore è minimo, e i coordinatori parlano senza microfono. L’assemblea è un rito collettivo che si è ripetuto per lunghi mesi, lì si cementa il rapporto solidale tra occupanti, la comunità di cui tutti si sentono parte.

LULA È STATO ARRESTATO da poco, in quello stesso edificio era stato protetto dal suo popolo prima dell’arresto; e Marielle è stata brutalmente uccisa, ma il movimento è forte e le persone a São Bernardo mostrano fiducia. Ad alimentare la speranza è la candidatura di Guilherme Boulos, coordinatore nazionale dell’Mtst, che in tandem con Sonia Guajajara – la prima candidata indigena nella storia brasiliana – correrà per il Psol contro l’estrema destra di Jair Bolsonaro alle elezioni presidenziali in autunno.

Le chance di vittoria sono molto basse, ma la candidatura di Boulos rappresenta un successo per la lotta popolare portata avanti negli ultimi vent’anni, «senza paura», dall’Mtst.

FONTE: Alberto Fierro, IL MANIFESTO



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