Dopo Marchionne. I sindacati ricordano chi li ha divisi

Dopo Marchionne. I sindacati ricordano chi li ha divisi

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«Duro negoziatore, bravo organizzatore, non ha però saputo né voluto indirizzare l’azienda che guidava al dialogo e alla collaborazione con una parte importante dei lavoratori italiani». Nel comunicato con cui la segreteria della Cgil, guidata da Susanna Camusso, esprime ai familiari di Sergio Marchionne cordoglio per la scomparsa del manager, nonché stima («ha l’indubbio merito di aver salvato un’azienda morente»), il sindacato di corso d’Italia sottolinea la grave frattura nelle relazioni sindacali sancita dall’era Marchionne.

La Fiom di Maurizio Landini, che si era opposta al contratto separato, fu espulsa dalla rappresentanza in fabbrica, esclusa dalle Rsa. Le tute blu portarono la «questione democratica» nei tribunali e i giudici di Torino, Modena e Vercelli rimisero la decisione alla Consulta. Nel luglio del 2013, una sentenza della Corte Costituzionale decretò illegittima l’esclusione da parte di Fiat della Fiom, definita un «vulnus» alla libertà sindacale. «L’aver praticato la divisione sindacale e aver abbandonato la contrattazione nazionale sono state opzioni – continua nella nota la Cgil – non imposte dalla contingenza industriale, finanziaria o economica».

LA CGIL riconosce a Marchionne «grande intelligenza e capacità manageriale» perché «è stato in grado di non soffermarsi ai problemi di breve periodo, ma di guardare oltre, rivitalizzando e rilanciando un’impresa in grande difficoltà». E, infine, rimarca le preoccupazione sulle prospettive dell’azienda: «Oggi mentre permangono molte incognite sul futuro delle produzioni e dei livelli occupazionali in Italia, Fca ha la necessità di adottare un piano industriale e di affrontare i nodi ancora irrisolti che restano e si ripropongono non solo alla nuova dirigenza, ma alla stessa proprietà e ai decisori pubblici».

Stringata la dichiarazione della segretaria generale della Fiom, Francesca Re David: «Abbiamo appena appreso della morte di Sergio Marchionne. Un uomo con cui in questi anni ci siamo aspramente confrontati e che ha rappresentato un modello di relazioni sindacali, che è stato all’origine di un profondo conflitto con la Fiom. Marchionne è stato un avversario di cui riconosciamo il valore. Alla famiglia vanno le condoglianze della nostra organizzazione».

IN CASA FIOM, Cesare Pizzola, segretario di Modena, oltre a riconoscere le doti manageriali e di uomo di finanza, sottolinea che non ricorderà, invece, Marchionne «come un manager che ha saputo migliorare le condizioni contrattuali dei lavoratori». D’altronde, il contratto aziendale Fca non regge il confronto con il ccnl degli altri lavoratori metalmeccanici, migliore non solo dal punto di vista salariale. Secondo Pizzola, «i problemi da anni denunciati dalla Fiom in Fca, Cnh, Ferrari e Magneti Marelli, dalle modifiche al contratto fino all’incertezza sul futuro di alcuni stabilimenti italiani, sono ancora aperti».

Il modello Marchionne, dall’avanguardia Pomigliano in poi, è diventato un paradigma, anche il Jobs act ne è figlio. Un mix di contrazione dei diritti e maggiore governabilità. A siglare il contratto separato voluto da Marchionne ci furono e ci sono Fim e Uilm.

LA CISL con la segretaria generale, Annamaria Furlan, definisce l’ex ad «un manager che ha segnato davvero un’epoca». E lo ritrae così: «Un interlocutore del sindacato oculato e intelligente che ha cercato sempre di fare squadra attraverso una visione moderna e innovativa delle relazioni industriali, risollevando il settore auto in Italia con scelte chiare di modernizzazione e con il contributo determinante di sindacati responsabili come la Cisl e la nostra categoria, la Fim».

Toni simili anche nella dichiarazione del segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: «Entrerà nella storia come l’uomo che ha salvato la Fiat. La Uil ha partecipato alla realizzazione di questo obiettivo: vorremmo che si onorasse la sua memoria dando continuità produttiva e occupazionale, in Italia e nel mondo, a questo disegno di sviluppo».

* Fonte: Mauro Ravarino, IL MANIFESTO



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