Guerra ai poveri a San Benedetto del Tronto: «Via le tende, o almeno nascondetele»

Guerra ai poveri a San Benedetto del Tronto: «Via le tende, o almeno nascondetele»

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Succede nell’estrema periferia dell’impero, a San Benedetto del Tronto: dalla fine dello scorso maggio, undici senzatetto (sette italiani e quattro no) hanno trovato alloggio in tenda nel giardino della Caritas, nella periferia ovest della città. Niente case popolari a disposizione, niente posto letto nella struttura della diocesi, una soluzione d’emergenza a tempo indeterminato.

Gli abitanti del quartiere, però, dopo pochi giorni cominciano a guardare straniti alla situazione, rumoreggiano, chiedono che queste tende vengano portate via, «perché non sono un belvedere», «perché danno fastidio», «perché poi come si fa con la festa del quartiere?».

Così, quando la polemica dai social network comincia a spostarsi sulle cronache locali, il sindaco Pasqualino Piunti (Forza Italia) evoca lo sgombero, la rimozione forzata delle tende. A questo punto, finalmente, interviene il direttore della Caritas don Gianni Croci: «Ci si preoccupa tanto della legalità, ma solo contro chi è debole e non sa difendersi. Non certo contro chi sfrutta».
Il Comune di San Benedetto, in evidente imbarazzo per la polemica, decide allora di fare marcia indietro, ma la toppa è peggio del buco. Interviene l’assessore alle politiche sociali Emanuela Carboni: «Non abbiamo chiesto alcuno sfratto, abbiamo solo suggerito di fare una recinzione tipo camping, per coprire le tende».

Nascondere la polvere sotto il tappeto, celare la povertà dietro a un tendone verde, così dalla strada non si nota più nulla e il vicinato può stare tranquillo: nessun intervento dei servizi sociali, nessuna idea su sistemazioni alternative e il pure citato problema sanitario è solo una scusa, perché, in caso di sgombero, gli undici senzatetto accampati banalmente tornerebbero per strada. Meglio coprire tutto, allora. Lontani dagli occhi, lontani dal cuore e tanto deve bastare.
Giusto ieri le famose recinzioni sono arrivate, e adesso il ghetto è servito. I poveri ci sono ma non si vedono più e comunque, prosegue Carboni, «non si può mica trasformare la Caritas in una tendopoli». Arriva dunque la replica del vescovo Carlo Bresciani in persona: «Ci dessero almeno dei container. È un problema di cui si deve occupare la società civile, troppo facile scaricare tutto sulla Chiesa. Non ho certo chiuso io gli Sprar…».

Già, perché a San Benedetto l’accoglienza integrata è stata cancellata due anni fa: il Comune ha deciso di non partecipare più ai bandi del Viminale e dunque decine di rifugiati e richiedenti asilo hanno lasciato la città e sono stati trasferiti altrove, per lo più lungo la vallata del Tronto, verso Ascoli.

Non potendo più additare gli immigrati come fonte di disturbo e di degrado, adesso il mirino si sposta verso chi vive per strada: eliminati gli ultimi, adesso è il turno dei penultimi, in una spirale discendente che si sa dove comincia ma non dove possa andare a finire. Una piccola storia ignobile di provincia, una di quelle cose che spesso e volentieri rappresentano l’antipasto di discorsi che poi diventano tragicamente grandi altrove e infine esplodono nel dibattito pubblico, dando linfa vitale a tutte le destre più o meno estreme.

A San Benedetto la Caritas è nel quartiere Ponterotto, una distesa di caseggiati anonimi tra l’ospedale, il cimitero e un torrente fognario che scarica in mare, un chilometro più a est. Spiega l’ex assessore Paolo Virgili (già esponente di Rifondazione Comunista): «Dà fastidio che una zona di case popolari venga “insidiata” dai nuovi poveri». I terzultimi contro i penultimi.

* Fonte: IL MANIFESTO



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