Algeria. Affluenza choc al 23%, il voto premia «l’odiato sistema»

Algeria. Affluenza choc al 23%, il voto premia «l’odiato sistema»

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72 ore dopo le elezioni legislative del 12 giugno, il presidente dell’Autorità nazionale indipendente per le elezioni (Anie), Mohammed Charfi, ha comunicato i risultati. Tra le critiche rivolte per la lentezza della macchina elettorale, complice il nuovo sistema adottato che richiede prima il conteggio totale di ciascuna lista e a seguire i parziali per il singolo candidato.

Se da una parte il presidente Abdelmajid Tebboune aveva indicato queste elezioni come «la conferma di un paese nuovo, grazie alla spinta del movimento Hirak e al coinvolgimento dei giovani, per restituire legittimità alle istituzioni dopo la caduta di Abdelaziz Bouteflika», i risultati indicano il contrario. Il primo dato è stato l’affluenza bassissima. con il 23% degli elettori nel paese e quella degli algerini all’estero che si è assestata intorno al 4%, visto che sui circa 24 milioni di elettori hanno votato solamente 5,5 milioni di persone. Almeno 1 milione le schede nulle.

UN FORTE SEGNALE che il popolo algerino non ha visto in queste elezioni alcun segnale di cambiamento, ma piuttosto l’ennesima riconferma del sistema che tenta di restare al potere, evidenziato anche dal boicottaggio scelto dalla maggior parte dei partiti dell’opposizione e dall’Hirak, dalla dura repressione del governo di questi mesi contro attivisti e giornalisti e dalla profonda crisi economica del paese.

La conferma dello status quo sono i risultati definitivi che vedono come primo partito (una sorpresa nonostante il netto calo di consensi) il Fronte di liberazione nazionale (Fnl) con 105 seggi, seguito dalle liste indipendenti con 78 seggi (unica novità di questa tornata elettorale), dagli islamisti del Movimento per la società e la pace (Msp) con 64 seggi, dal Raggruppamento nazionale democratico (Rnd) con 57 seggi e dal Fronte al Moustakbal con 48 eletti.

MOLTI MEDIA NAZIONALI ieri parlava di «ritorno dei simboli del Bouteflikismo e della vittoria del quartetto Fln- Rnd-Msp-Moustakbal», che ricorda agli algerini l’ex alleanza presidenziale di Bouteflika fino alla fuoriuscita degli islamisti nel 2012.

Polemiche nei confronti del Msp dopo che domenica il leader del partito, Abderazzak Makri, aveva prematuramente annunciato «la vittoria del suo partito in numerose wilaya (regioni, ndr)» e aveva minacciato possibili ritorsioni, citando «numerosi tentativi di broglio per alterare i risultati». Accuse smentite categoricamente dall’Anie che, per voce del suo presidente Charfi, ha indicato «la piena regolarità del voto», accusando il partito islamista – la corrente algerina dei Fratelli Musulmani – di aver già utilizzato queste accuse nelle precedenti elezioni con il solo obiettivo di «aumentare il livello di tensione nel paese».

INSIEME ALL’ALTRA FORMAZIONE del Movimento El Binaa, che raccoglie 40 seggi, il campo islamista appare il vero sconfitto da queste elezioni, visto che nelle scorse settimane Makri si era detto pronto a «governare il paese», approfittando del boicottaggio delle formazioni politiche progressiste e laiche.

In un comunicato ufficiale le forze politiche del Patto per l’alternativa democratica (Pad) – costituito da Partito dei lavoratori (Pt), Fronte delle forze socialiste (Ffs) e Raggruppamento per la cultura e la democrazia (Rcd) – dichiarano che «il vero vincitore di queste elezioni rimane il popolo che, con l’80% degli elettori, ha indicato la sua chiara sfiducia verso qualsiasi operazione politica volta a salvare l’odiato sistema contro cui gli algerini si sono ribellati nel 2019, fatto di corruzione, clientelismo e repressione, l’opposto delle istanze democratiche chieste dall’Hirak».

Nel rinnovare «una richiesta di dialogo con l’Hirak e con le forze progressiste per una nuova Algeria democratica», il Pad indica che «sarà difficile, se non impossibile, per un governo delegittimato dalla scarsa affluenza alle urne poter contrastare la difficile crisi economica, causata dal calo dei prezzi degli idrocarburi, dalla chiusura di numerose fabbriche e da un tasso di disoccupazione che in questi ultimi due anni di pandemia è cresciuto esponenzialmente».

* Fonte: Stefano Mauro, il manifesto



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