Stati Uniti. In un documento il piano golpista di Trump per restare presidente

Stati Uniti. In un documento il piano golpista di Trump per restare presidente

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Il colpo di stato nero su bianco presentato alla Commissione del congresso che indaga sull’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021. Si prevedeva di «comunicare con senatori e deputati sulle interferenze straniere e dichiarare invalido il voto elettronico in tutti gli stati». La destra intanto si è attrezzato di mezzi più sofisticati modificando le leggi e i collegi elettorali

 

Il colpo di stato messo per iscritto. Era in 38 pagine di presentazione in PowerPoint, il programma con le diapositive, un piano dal titolo «Election Fraud, Foreign Interference & Options for 6 Jan» che raccomandava a Donald Trump di dichiarare lo stato di emergenza nazionale e restare alla presidenza, millantando che una cospirazione aveva falsificato le elezioni.

IL PIANO ERA ARRIVATO all’allora capo dello staff di Trump, Mark Meadows, che tempo fa lo ha consegnato alla commissione parlamentare che indaga sull’assalto al Campidoglio di quell’infuocato 6 gennaio 2021, quando centinaia di «patrioti» – celebre quello con le corna in testa – sfondarono porte, finestre e agenti di sicurezza per bloccare la nomina di Joe Biden presidente.

Meadows non gode del segreto professionale. È un ex deputato del North Carolina legato a associazioni che insegnano come la Terra abbia solo 6.000 anni, che aveva già provato ad accusare i satelliti italiani Leonardo di intrusione nelle elezioni.

Non essendo un’aquila, ha consegnato alla commissione d’inchiesta migliaia di documenti, tra cui il piano. Girava già da qualche giorno su Twitter, in versioni leggermente diverse. Ieri il peso di New York Times e Guardian ne ha certificato l’esistenza.

Era in atto un golpe, quel 4 e 5 gennaio. Trump era barricato alla Casa Bianca, in una suite dell’Hotel Willars di Washington erano asserragliati i suoi luogotenenti, tra cui gli esperti legali Rudy Giuliani e John Eastman e il consigliori politico Steve Bannon.

Dissero le stesse cose – grida frode e dichiara lo stato di emergenza – ma il vicepresidente Mike Pence rifiutò di obbedire, quindi Trump arringò la folla, la folla attaccò e finì come sappiamo.

C’È MANCATO POCO, e questa storia dice quanto il processo elettorale americano – che non è tutta la democrazia, ma insomma… – sia un rottame. E non da ieri. Quelle remote elezioni del 2000 che Bush jr scippò a Al Gore in Florida avevano già definito una crisi e provocato una rivoluzione: via le schede da perforare coi loro pezzettini appesi, largo al voto elettronico (con traccia cartacea).

Fu un grande investimento. Non è servito: proprio il voto elettronico è stato falsamente accusato di essere infiltrato da «compagnie di Cina e Venezuela» – e Giuliani sta ancora pagando la causa persa contro la Dominion Voting System.

Sperare nelle prossime elezioni non è il caso: il midterm di novembre 2022, in cui si voterà tutta la Camera e un terzo del Senato, sarà peggio di quelle finite con un tizio vestito da gnu in Campidoglio.

Battuta nel 2020, la destra repubblicana americana si è riorganizzata con strumenti più sottili: modificare le leggi elettorali, infiltrare dirigenti nel sistema elettorale e infine ridisegnare i collegi elettorali con le più avanzate tecnologie e la massima faccia tosta.

QUESTA PRATICA si chiama gerrymandering, è vecchia di secoli ma oggi ha raggiunto vette liriche, e più che salamandre (da cui il termine inglese) ormai alcuni collegi sembrano l’elettrocardiogramma di un infarto massivo. Tutto ciò, il giorno dopo che Joe Biden ha concluso il “Summit of democracy” per mettersi alla testa del rilancio mondiale della democrazia.

Per le elezioni già trascorse, il golpe in PowerPoint è passato per le mani di un tale Phil Waldron, colonnello in pensione dell’esercito e voce influente del movimento «Stop the steal» – alle cui balle sulla frode elettorale credono ancora oggi, secondo accurati sondaggi reuters/Ipsos, oltre il 60% degli elettori repubblicani. Waldron lo fece vedere a deputati e senatori trumpisti (non ha fatto nomi), passò per le mani del capo staff Meadows e venne quasi tradotto in realtà.

LA CHIAVE È NELLA TABELLA «Opzioni per il 6 gennaio»: prevedeva che il vicepresidente Mike Pence insediasse solo i grandi elettori repubblicani, oppure annullasse il voto negli stati persi, oppure ancora ritardasse la decisione per ricontare i soli voti su carta.

A Trump – che giura di non saperne nulla – il piano raccomandava di «comunicare con senatori e deputati sulle interferenze straniere; dichiarare lo stato di emergenza nazionale; dichiarare invalido il voto elettronico in tutti gli stati».

Per le elezioni prossime venture, quelle di midterm 2022, in pratica sono già finite: i democratici perderanno il controllo del Congresso, grazie al sapiente ridisegno dei collegi elettorali. Il redistricting avviene ogni dieci anni dopo il censimento, ma solo in 11 stati ci pensano delle commissioni tecniche: in tutti gli altri stati ci pensa la politica, con il solo limite della discriminazione razziale.

Dall’inizio del 2020, almeno 19 stati repubblicani hanno varato un totale di 33 nuove leggi sul voto. In parte limitano l’accesso ai seggi di precise fasce di popolazione, per il resto distribuiscono gli elettori secondo algoritmi che ottimizzano il risultato per il Grand Old Party – e solo con questo gli regalano i parlamentari sufficienti per togliere un Congresso in bilico all’esangue Biden.

In Arizona, Texas, Georgia, Pennsylvania, Wisconsin, Michigan e altri stati, il Gop ha meticolosamente infilato nuovi dirigenti elettorali, concesso nuove possibilità legali per contestare i risultati, disperso gli elettori democratici in collegi repubblicani – il gerrymandering appunto – con tecnologie raffinate come quelle di Amazon.

Molto più raffinate di quando il governatore del Massachusetts Elbridge Gerry disegnò quei collegi sinuosi come salamandre: vinse le elezioni del 1812 ed entrò nei vocabolari di inglese.

E poi c’è lo screditamento sistematico del voto. In Florida il governatore repubblicano Ron DeSantis pretende una special force per indagare sui crimini elettorali (nel 2020 ne hanno avuto… uno!). Crimini fake che sono il mito fondativo di Trump 2024, perchè sembra incredibile ma il capo resta lui.

«Non abbiamo mai visto niente di simile», ha detto Wendy Weiser, vicepresidente del prestigioso Brennan Center for Justice (fa parte della New York University). Un lavoro certosino, assistito da ben finanziati gruppi conservatori come Heritage Action. Ormai su alcuni grandi giornali si parla apertamente di sovversione. L’assalto del 6 gennaio è stato solo l’inizio.

* Fonte: Roberto Zanini, il manifesto

 



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