Stando ben attento a non accendere un attimo più del necessario i riflettori sui motivi dell’ennesimo stop sul provvedimento di Bruxelles imprescindibile per attuare la svolta ecologica, nonostante sia stato digerito dai produttori di auto già pronti alla conversione elettrica sia nelle catene di montaggio che nei reparti di ricerca e sviluppo.

Del resto, la guerra intestina fra gli Stati Ue sulla mobilità del futuro non solo è tecnicamente imbarazzante per il Corepar, che è l’organo del Consiglio Ue delegato al negoziato sul tema, ma è politicamente devastante per Bruxelles già spaccata in due fazioni nemiche.

Da una parte il fronte degli irriducibili del motore a scoppio guidato dall’Italia con Polonia e Bulgaria; dall’altra il resto dell’Ue allineato con l’opposta posizione della Francia. Con la Germania presa in mezzo costretta a montare sull’altalena: mercoledì sera fonti nell’inner-circle del governo Scholz giuravano che a Berlino erano disposti a votare il divieto a diesel e benzina ma neppure 24 ore dopo è arrivata la comunicazione al Corepar della clamorosa retromarcia: «Ci serve più tempo per decidere».

Da qui lo slittamento del voto: senza il Sì dei tedeschi non è possibile alcun accordo sulla messa al bando delle immatricolazioni dei veicoli con motore termico. Secondo il regolamento Ue per formalizzare la svolta è necessaria la maggioranza qualificata dei governi membri, ovvero il sostegno di almeno 15 dei 27 Stati che rappresentino come minimo il 65% della popolazione europea. Esattamente la ragione per cui il blocco di Italia, Polonia e Bulgaria avrebbe avuto zero possibilità di successo senza il voto contrario o l’astensione della Germania.

Per questo ieri il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha celebrato lo stop di Bruxelles come una grande vittoria del governo Meloni: «È stata ascoltata la voce di milioni di italiani. Abbiamo dimostrato di saper offrire argomenti di buonsenso sui tavoli internazionali. La strada è ancora lunga ma non ci svenderemo alla Cina. La Lega c’è».

Eppure, nella realtà, la «voce» di Roma conta poco mentre Pechino non c’entra per niente. Piuttosto, l’Italia deve ringraziare Christian Lindner, ministro delle Finanze e leader di Fdp. Proprio i liberali si sono messi di traverso alla decisione di appoggiare il bando promossa da Spd e Verdi. Il partito business-oriented punta a esentare dal divieto i mezzi che utilizzano i cosiddetti “E-Fuel”, i carburanti sintetici prodotti con la cattura del monossido di carbonio insieme all’idrogeno. Per Fdp è l’espediente per continuare a produrre motori a scoppio, già imposto a Spd e Verdi con l’accordo dell’estate 2022 che prevede una quota di sopravvivenza per i veicoli alimentati con l’“E-Fuel” in Germania.

«Ci aspettiamo la proposta venga inclusa anche nella proposta Ue» ha confermato ieri il ministro dei Trasporti, Volker Wissing (Fdp).

Tra le proteste degli ambientalisti. Lo stop dell’Ue arriva nello stesso giorno in cui a Berlino il Fridays For Future ha riportato in piazza decine di migliaia di attivisti, mentre l’ecologista Jan-Niclas Gesenhues bolla il trucco dei carburanti sintetici come «una soluzione fasulla, visto che sono inefficienti e nemmeno disponibili in misura sufficiente». Fa il paio con la parallela denuncia di Greenpeace: «Gli E-fuel sono un enorme spreco di elettricità. Le auto elettriche viaggiano cinque volte di più con la stessa quantità di energia».

Greenwashing della benzina, dunque. È questa la causa-madre dietro al rinvio del bando Ue, e poco importa se l’accordo sembrava sicuro alla fine dello scorso anno dopo che Commissione, Consiglio e Parlamento europeo si erano accordati sul divieto.

Invece non c’è ancora alcuna svolta. Come conferma la leader del caucus dei Verdi, Katharina Dröge, facendo sapere che la coalizione Semaforo è riuscita solo a «concordare di escludere definitivamente l’uso dell’olio di palma e dei combustibili fossili come i paraffinici». In pratica la regolamentazione dei carburanti sintetici in Germania sarà modificata. «Finora era possibile miscelarli nella misura del 26% ma ora abbiamo concordato un adeguamento tecnico che consente la commercializzazione in forma pura». Per adesso la rivoluzione green è tutta qui.

* Fonte/autore: Sebastiano Canetta, il manifesto