DURANTE QUESTE RIVOLTE, nella notte tra l’1 e il 2 luglio, Hedi, un 22enne di Marsiglia, è stato colpito da un proiettile di flashball, trascinato dietro a una macchina e pestato selvaggiamente da un gruppo di poliziotti marsigliesi. «Mi hanno spaccato la mascella», ha detto Hedi, in un’intervista realizzata dal media Konbini, che ha raccolto più di 25 milioni di visualizzazioni su Twitter.

Terminato il calvario, Hedi è stato lasciato esangue sul marciapiede. «Ho provato a toccarmi la testa, ma non c’era più il cranio», ha detto, davanti alla telecamera di Konbini. A Hedi manca la parte sinistra della testa, che si piega a un grottesco angolo di 45 gradi sopra l’orecchio: per salvargli la vita, i medici hanno dovuto asportargli un pezzo della scatola cranica, danneggiata gravemente dalle violenze dei poliziotti.

La violenza subita da Hedi (la cui versione è corroborata dalle immagini di videosorveglianza, secondo le ricostruzioni dei media francesi) ha spinto la magistratura marsigliese ad avviare un’inchiesta e richiedere la detenzione provvisoria per quattro agenti. Richiesta accolta solo in parte dal tribunale, che ha piazzato in detenzione un solo poliziotto, accusato di aver sparato con il flashball.

UN FATTO del tutto straordinario, che ha scatenato la protesta dei sindacati di categoria. La «detenzione provvisoria del nostro collega a Marsiglia» è un «trattamento degradante e pericoloso per la nostra funzione», ha scritto in un comunicato Unité SGP Police, uno dei sindacati più importanti della polizia francese, invitando i colleghi a mettersi in ‘562’, il codice interno che stabilisce di garantire il solo servizio minimo di risposta alle emergenze.
All’unisono, i sindacati di polizia hanno alimentato la protesta, chiedendo la revisione del codice penale affinché i poliziotti non possano essere messi in detenzione provvisoria, criticando aspramente le decisioni della giustizia tanto nel caso di Hedi quanto in quello di Nahel. Così, di commissariato in commissariato, centinaia di agenti hanno cominciato a dichiararsi in malattia e in ‘562’.

UNA TALE mobilitazione, ad appena un mese dalla morte di Nahel, ha suscitato l’indignazione di chi da anni si batte contro le violenze e il razzismo della polizia francese. «I poliziotti reclamano non tanto il fatto di essere al di sopra della legge e dei corpi degli uomini arabi, neri, poveri, quanto il fatto di restarci, di restare al di sopra di tutto, che il loro mondo continui il suo corso. Le rivolte popolari che hanno fatto seguito all’esecuzione di Nahel gli hanno fatto venire paura, paura che Nahel fosse l’ultimo», ha twittato la scrittrice Kaoutar Harchi.

TRA I COMANDANTI della polizia, tuttavia, la protesta è stata finanche incoraggiata. Domenica scorsa, il capo della polizia francese, Frédéric Veaux, ha rilasciato un’intervista al quotidiano Le Parisien. «Sapere che un poliziotto è in prigione m’impedisce di dormire», ha detto Veaux, «in generale penso che prima di un eventuale processo, un poliziotto non dovrebbe stare in prigione».
Una presa di posizione senza precedenti, condannata tanto dalla sinistra («gravissimo: la polizia si mette al di sopra delle leggi», ha affermato Olivier Faure, il segretario del Partito socialista) quanto dalla magistratura stessa. In un’ancor più rara dichiarazione, il Consiglio Superiore della Magistratura ha ribadito in un comunicato che la giustizia «deve poter compiere le sue missioni al riparo di ogni pressione».

Malgrado ciò, le pressioni dei poliziotti hanno ottenuto un primo risultato: giovedì, il ministro degli Interni Gérald Darmanin ha incontrato i sindacati di polizia ed espresso solidarietà agli agenti. Al termine dell’incontro, i sindacati hanno cantato vittoria: «Il ministro si è detto d’accordo a rivedere il codice penale e inserire una clausola che escluda i poliziotti dalla detenzione provvisoria», ha detto Fabien Vanhemelryck, il segretario di Alliance Police Nationale, il sindacato maggioritario della professione. «Siamo soddisfatti», ha aggiunto, citando una serie di promesse fatte dal ministro, tra le quali il divieto di filmare i poliziotti, proposta già bocciata dal Consiglio costituzionale nel 2021.

* Fonte/autore: Filippo Ortona, il manifesto