Migranti. Contro la giudice di Catania parte la propaganda del governo

Migranti. Contro la giudice di Catania parte la propaganda del governo

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La premier furiosa su Facebook: «Motivazioni incredibili, aiuta gli arrivi illegali»

 

Si dice «basita», come un personaggio di Boris. Poi ventila l’esistenza di «un pezzo d’Italia che aiuta gli arrivi illegali». E aggiunge: «Non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza». La premier Giorgia Meloni ha affidato a un post su Facebook il suo attacco diretto alla giudice di Catania Iolanda Apostolico, che sabato ha osato applicare la legge, cioè non ha convalidato il fermo di quattro migranti rinchiusi nel centro di Pozzallo.

MELONI DEFINISCE «incredibili» le motivazioni del provvedimento di Apostolico e cita il passaggio in cui si legge che «le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività», ma dimentica di dire che la giudice si è limitata a citare le dichiarazioni rese dai ricorrenti, anche perché non è suo compito esprimere giudizi sulle richieste d’asilo, infatti la mancata convalida non trova qui la sua motivazione, ma nella Costituzione e nelle norme europee, che ritengono illegittimo il decreto Cutro là dove sostiene che la provenienza da un paese sicuro – in questo caso la Tunisia – sia un motivo sufficiente a trattenere un migrante.

Meloni poi attribuisce ad Apostolico anche un’altra valutazione che non ha mai fatto, sostenendo che la giudice abbia dichiarato «unilateralmente la Tunisia paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura)». Peccato che anche qui il discorso sia diverso: per la legge i trattenimenti devono basarsi sulla posizione del singolo richiedente e non sul paese da cui è partito. Che il decreto Cutro, partorito in fretta e furia dopo l’ennesima tragedia del mare, facesse acqua da tutte le parti lo hanno scritto moltissimi giuristi e le non convalide di Catania sono solo la naturale conseguenza di quelle evidenze: una legge scritta male, del resto, nelle aule di tribunale non può che andare a sbattere contro il diritto.

LA PREMIER però insiste e alza il tiro: «Siamo di fronte a una pressione migratoria senza precedenti, dovuta all’instabilità di vaste aree dell’Africa e del Medio Oriente». Ma, assicura, «il governo italiano lavora ogni giorno per fronteggiare questa situazione e contrastare l’immigrazione illegale di massa». E se sulla sua strada trova un giudice, il problema non potrà che risiedere nelle decisioni di quest’ultimo. La logica è la stessa che la destra porta avanti da un trentennio quasi esatto: c’è un popolo che ha deciso e c’è un governo che decide sulla base del mandato che gli è stato affidato. Fa niente se poi esistono delle forme e dei limiti da rispettare.

Salvini, anche per non perdere il primato nella corsa a chi fa la faccia più cattiva davanti ai migranti, non può non aggiungerci del suo. E anche lui lo fa prendendosela direttamente con Apostolico. «Le notizie sull’orientamento politico del giudice – dice il vicepremier – sono gravi, ma purtroppo non sono sorprendenti». Da qui l’annuncio che la Lega «chiederà conto» del suo comportamento attraverso un interrogazione al ministro della Giustizia: «Non vorremmo sia stata fatta una scelta ideologica», spiega allarmata la senatrice Erika Stefani. Apostolico, per la cronaca, non è iscritta ad alcuna corrente, ha opinioni come chiunque e ha motivato la sua decisione in punta di diritto.

Da qui la sua replica: «Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale». Al di là delle sparate, in effetti, il Viminale ha annunciato che impugnerà il provvedimento emesso dal tribunale di Catania la scorsa settimana e sarà allora che si vedrà il vero secondo capitolo della vicenda.

INTANTO, però, lo scontro tra la destra e la magistratura è salito di livello. Così, quando il segretario uscente di Area Democratica per la Giustizia Eugenio Albamonte dice all’Ansa che «c’è una involuzione molto forte del governo attuale nel rispettare il ruolo della magistratura», da Forza Italia Giorgio Mulè replica con un grande classico del repertorio che fu berlusconiano: «Albamonte dovrebbe specchiarsi e alle sue spalle vedrebbe i volti di migliaia di cittadini italiani onesti e incensurati che hanno visto le loro vite mandate all’aria da una morbosa e squallida attività investigativa. Indagini senza alcun rispetto per la privacy che hanno rovinato l’esistenza di innocenti e che certamente non sono state degne di una democrazia».

SEMBRA un tuffo indietro ai tempi in cui non passava giorno senza uno scontro tra governo e magistratura. E anche se Meloni ha una storia molto diversa da quella di Berlusconi, il copione di quella stagione sembra averlo studiato molto bene. I classici non passano mai di moda.

* Fonte/autore: Mario Di Vito, il manifesto



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