Sul versante occidentale del confine, a Nahariya in territorio israeliano, a sette chilometri dal confine, ieri poco alla volta si è diffusa la notizia del discorso di Hassan Nasrallah che potrebbe segnare una ulteriore escalation. Tuttavia una sostanziale tranquillità ha regnato per tutto il giorno nella cittadina sulla costa mediterranea, proprio sotto Rosh Haniqra/ Ras Naqoura. Parecchi negozi e locali pubblici però sono chiusi da giorni. Ari Vogt, con un negozio di tessuti nel centro commerciale Arena, ci ha detto  convinto che non ci sarà una guerra tra Israele ed Hezbollah come quella del 2006. «Allora fummo colti di sorpresa, stavolta siamo pronti a dare uno schiaffo fortissimo a Nasrallah. Tsahal (l’esercito) sta punendo come si deve Hamas a Gaza ed è in grado di fare lo stesso in Libano. Nasrallah lo sa e non attaccherà», ci ha detto piegando un lenzuolo. Intanto in città sono aperti i rifugi. Ruchama, cassiera in una rosticceria, aveva otto anni durante il conflitto andato avanti per settimane nell’estate di 17 anni fa. «Ero una bambina ma ricordo tutto di quei giorni e non desidero rivivere quella paura» ha affermato, aggiungendo  che «la colpa è di quelli a Gaza (i palestinesi,ndr), mi auguro che i nostri soldati distruggano Hamas». I riferimenti che facciamo alla uccisione di tanti civili palestinesi in corso a duecento chilometri a sud di Nahariya non suscitano reazioni particolari nella giovane. «Quelli di Hamas hanno ucciso centinaia di nostri civili e attaccando  libereremo gli ostaggi», ha detto convinta.

Dall’altra parte del confine, in Libano, attendono con ansia gli sviluppi di guerra, in un clima che era già drammatico per la grave crisi economica che ha impoverito i libanesi. Le notizie che si leggono sui siti locali raccontano di una popolazione, specie nel sud del paese, che vive nella paura di una offensiva israeliana catastrofica. Decine di centri abitati, popolati da sciiti e cristiani in prevalenza, furono distrutti nel 2006 dai bombardamenti israeliani con l’artiglieria e l’aviazione. E le bombe a grappolo sganciate dagli aerei israeliani negli ultimi giorni di guerra, continuano, nonostante lo sminamento, a provocare morte e mutilazioni a distanza di tanti anni. Le reciproche minacce di distruzione hanno dissuaso Israele e Hezbollah dall’intraprendere sino ad oggi una nuova guerra. Ma nel frattempo gli arsenali del movimento sciita libanese si sono riempiti di razzi a lungo raggio e più potenti e precisi mentre Israele si è dotato delle armi più moderne e sofisticate al mondo che, come si vede a Gaza, sono terrificanti. Situato a un paio di chilometri dalla frontiera, il villaggio libanese di Rmeich – un esempio tra i tanti – ha già visto metà dei suoi abitanti fuggire a nord. Chi è rimasto ha allestito un ospedale in una scuola per le emergenze, come nel 2006 quanto 25mila sfollati sciiti furono accolti nel villaggio toccato solo in parte dall’offensiva israeliana perché popolato da libanesi cristiani.

Previsto alle 14 ora italiana, il discorso di Hassan Nasrallah, il più importante dopo quelli pronunciati nel 2006, seguiti da milioni di arabi in tutto il Medio oriente, è stato anticipato ieri dalla diffusione da parte di Hezbollah di un video in cui si intravede il segretario generale del movimento che preme pulsanti, in apparenza di lancio di missili. Immagini che sembrano manifestare la volontà di andare allo scontro totale con Israele e di unirsi alla battaglia di Hamas a Gaza. Sono giunte inoltre notizie di migliaia di iraniani, appartenenti a varie milizie, giunti in Libano del sud a rinforzo dei combattenti di Hezbollah. Non è detto però che Nasrallah e, di riflesso l’Iran suo alleato, siano davvero decisi ad andare alla guerra con Israele e, anche, con gli Stati uniti. La presenza nel Mediterraneo e nel Golfo di imponenti gruppi navali americani con portaerei, indicano che l’Amministrazione Biden con ogni probabilità interverrà militarmente a sostegno di Israele di fronte ad un attacco dal Libano. E forse anche in appoggio a un’offensiva a sorpresa di Israele, «preventiva», ipotesi considerata da diversi analisti ed esperti militari.  Abile oratore, Nasrallah potrebbe però trovare la «soluzione» per affermare di essere in guerra senza esserlo pienamente. Il suo numero due, Naim Qassem, nei giorni scorsi ha smentito che Hezbollah non stia dando il suo contributo contro Israele. «Teniamo bloccate al nord tre divisioni israeliane che così non possono essere impiegate contro Gaza», ha affermato. Nasrallah inoltre non può non tenere conto della contrarietà di buona parte dei libanesi a una guerra che porterebbe ad attacchi israeliani di portata inimmaginabile su tutto il paese. Allo stesso tempo Hezbollah non può essere visto come «passivo» nel mezzo dell’attacco israeliano a Gaza. Nasrallah forse sta perseguendo una strategia calibrata sulla portata della catastrofe che sta causando a due milioni di palestinesi l’offensiva israeliana a Gaza.

In Medio oriente intanto le fibrillazioni aumentano e vacilla l’Accordo di Abramo del 2020, per la normalizzazione delle relazioni tra Israele e mondo arabo. Uno dei paesi firmatari, il Bahrain, è precipitato nel caso diplomatico. Ieri il suo parlamento ha prima annunciato il richiamo dell’ambasciatore in Israele e lo stop dei rapporti diplomatici. Poi alcuni «funzionari» della corte reale hanno ridimensionato l’accaduto precisando che l’accordo con Israele è sempre valido.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto