Ieri pomeriggio a Jadra, cittadina a pochi chilometri da Sidone, nella parte più centrale del paese, un altro drone israeliano ha colpito un’auto uccidendo due uomini (una terza vittima non è stata al momento confermata): Khalil Fares membro di Hezbollah e un civile di nazionalità siriana. Tre i feriti. Un ufficiale di Hamas, probabilmente l’obiettivo del raid, è sopravvissuto.

SI TRATTA del terzo attacco con droni dall’inizio dell’anno. Il 2 gennaio scorso Saleh al-Aruri, comandante di Hamas, i due leader delle Brigate al-Qassam Samir Fendi e Azzam al-Aqraa, con altri quattro membri di Hamas furono uccisi nel loro ufficio di Msharafieh, periferia a sud di Beirut e altro luogo simbolo di Hezbollah.

Al momento nessuna dichiarazione ufficiale da parte del Partito di Dio. Il leader Hassan Nasrallah aveva già annunciato che quanto accaduto a Beirut non sarebbe rimasto impunito ed ora è difficile pensare che i due colpi messi a segno da Israele a distanza ravvicinata non abbiano conseguenze. Da capire solo come e quando.

Al confine la situazione è tutt’altro che calma. Si combatte intensamente e senza tregua. In serata ieri la città di Houla, nel distretto di Marjayouneh, è stata colpita. Il bilancio è di una vittima e alcuni feriti, trasportati in ospedale, tutti civili.

Anche Wadi Slouki (Marjayouneh), Aitroun (Bint Jbeil), Ain al-Zarqa, Alma el-Chaab, Dhayra e Tayr Harfa sono state colpite dall’esercito israeliano. Hezbollah attacca il nord di Israele e l’Alta Galilea. In un comunicato, ha affermato di aver colpito ieri sera la posizione militare di Daychoun e la base di Khirbet Maer.

Il deputato della regione dello Chouf Bilal Abdallah ha dichiarato ieri che «Israele non rispetta più alcuna regola di ingaggio». Ed in effetti la guerra tra Israele e Hezbollah si era mantenuta, almeno fino a gennaio, entro limiti geografici più o meno definiti, pochi chilometri dal confine da una parte e dall’altra, in una sorta di accordo non scritto che, se da un lato non garantiva l’esclusione di una escalation, dall’altro teneva il livello del conflitto sotto relativo controllo.

In più occasioni entrambi gli attori avevano dichiarato o lasciato intendere di non volere un’escalation, nonostante preparati e pronti all’eventualità.

IL RISCHIO CONCRETO, dopo l’ennesimo attacco israeliano fuori dalla zona di guerra, è che queste regole di ingaggio saltino del tutto e che il Libano si trovi interamente coinvolto in un conflitto che non può assolutamente permettersi, data la forte crisi economico-finanziaria e politica in cui versa da ormai oltre quattro anni.

Non è stato ancora eletto un presidente della repubblica da un anno e mezzo, ci sono un premier e un esecutivo ad interim con poteri limitati, nonostante le elezioni del maggio 2022 e la guerra sta ulteriormente ritardando questo processo già particolarmente difficile, data la cronica instabilità politica libanese e il complicato equilibrio di potere incardinato su favoritismi e clientelismi.

Che si sia però entrati in una nuova e più complessa fase del conflitto, di fondamentale importanza per il destino del Libano, è fuori dubbio.

* Fonte/autore: Pasquale Porciello, il manifesto