UNA SETTIMANA FA il tribunale di Budapest ha accolto il ricorso degli avvocati difensori e le ha concesso i domiciliari, previo pagamento di una cauzione da 160 milioni di fiorini, circa 41mila euro. «Abbiamo fatto un primo passo – dice Ilaria – ma l’incubo non è ancora finito». Addosso porta il pallore del lungo periodo trascorso nel carcere di massima sicurezza Gyorskocsi utca. Non a caso fino a ottant’anni fa veniva usato dalla Gestapo. Sulla pelle ha ancora le punture di cimice perché, nonostante le sue condizioni in carcere siano migliorate dopo l’esplosione del caso mediatico e politico, come ebbe a dire anche il Servizio carcerario di Budapest «le prigioni in Ungheria non sono alberghi a cinque stelle». E si vede.

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Zerocalcare: «Sulla candidatura di Salis tutti devono capire la posta in gioco»

LA DETENZIONE non è finita, è stata solo spostata: lo dimostra la cavigliera elettronica applicata dai tecnici. Adesso però può finalmente mangiare una pizza margherita, come sognava da tempo. «Ma la prossima sarà più buona perché la mangeremo in Italia», dice il padre Roberto Salis durante la conferenza stampa tenuta nel tardo pomeriggio in un hotel del centro. Qualche ora prima, da poco passate le 10, aveva annunciato la liberazione di Ilaria. In realtà era un modo per depistare i cronisti. Si scuserà per questo: «Capisco il vostro mestiere, ma io devo tutelare mia figlia».

STAMATTINA ricomincia il processo che la vede imputata per tre aggressioni contro militanti neonazisti. L’udienza, fissata per le 9, prevede l’audizione di Zoltán Tóth, pestato alla vigilia del Giorno dell’Onore, il raduno che l’11 febbraio di ogni anno raccoglie militanti dell’estrema destra ungherese e non solo per celebrare le imprese delle SS tedesche. Saranno ascoltati anche due passanti che avrebbero assistito alla scena. A seguito delle testimonianze anche Ilaria Salis potrebbe parlare o chiedere l’intervento dell’avvocato, ma la cosa è complicata dal fatto che i documenti processuali non sono ancora stati tradotti. Il giudice ha annunciato che ciò avverrà solo a novembre. «Ilaria dirà la sua se necessario», spiega l’avvocato Eugenio Losco, che insieme al collega Mauro Straini è arrivato a Budapest nella giornata di ieri per incontrare, per la prima volta senza barriere di plastica a dividerli, l’assistita.

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Elio Vito: «Alle europee scelgo Ilaria Salis. Si può votare per uno scopo specifico»

«LA SITUAZIONE – avverte però Roberto Salis – è ancora estremamente complicata, Ilaria deve poter tornare a casa sua in Italia. Questo è il nostro obiettivo». E ancora: «Se Nordio e Tajani mi hanno chiamato? No, devono aver perso il mio numero…». Intanto il ministro degli Esteri forzista ribadisce la sua tesi: «Il governo ha seguito il caso sin dall’inizio». Eppure oltre le parole servirebbero anche dei fatti, perché di cose da fare ce ne sarebbero, al di là dell’eventuale elezione al parlamento europeo che obbligherebbe l’Ungheria a liberare l’imputata. La questione del reciproco riconoscimento delle misure cautelari tra paesi Ue, per esempio, è ancora materia controversa. I tribunali italiani spesso si pronunciano in modi opposti. Un chiarimento da parte del ministero della Giustizia potrebbe essere utile ma, visti i tempi che corrono, sembra chiedere troppo.

PERALTRO, ancora a proposito di traversie giudiziarie, in virtù del sistema ungherese di calcolo della detenzione, il rapporto tra arresti domiciliari e detenzione in carcere è di uno a cinque. In altre parole, se Ilaria Salis venisse condannata al massimo della pena prevista per i reati di cui è accusata, dovrebbe passare ai domiciliari un totale di 120 anni. «Appena possibile chiederemo il suo trasferimento in Italia – prosegue Losco – Ad ogni modo vorrei sottolineare che a quasi sedici mesi dai fatti non ci sono più reali esigenze cautelari».

LA REDAZIONE CONSIGLIA:

Arresti, inchieste e processi. Gli Antifa trattati da terroristi

DAVANTI, INTANTO, ci sono le prossime due settimane di campagna elettorale. Quelle decisive. «Per farla serve cognizione di causa e mia figlia è stata isolata dal mondo per troppo tempo. Continuerò a portarla avanti io fin quando Ilaria non avrà ricostruito il contesto politico in cui si trova», avverte ancora Roberto Salis. Di cosa si occuperebbe all’europarlamento se eletta? «Ne abbiamo parlato – prosegue – Lei sa che ci sono tante persone nella sua stessa identica situazione, almeno 2.500. È informata sul caso di Filippo Mosca (detenuto italiano in Romania, dove ha ricevuto una condanna pesantissima, ndr) e di certo queste vicende saranno al centro della sua attenzione». Ma ancora è presto per parlarne. La sintesi la fa il deputato di Avs Marco Grimaldi: «Ricordiamoci che Ilaria non è ancora libera. Ilaria non è ancora a casa».

* Fonte/autore: Mario Di Vito, Giansandro Merli, il manifesto