“Un milione di posti in 5 anni l’Italia del verde può crescere”

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ROMA – Agronomi capaci di selezionare specie resistenti ai cambiamenti climatici. Carpentieri specializzati nella costruzione di tetti super isolati. Geologi in grado di calcolare il rischio frana in un’era in cui l’intensità  delle piogge è già  aumentata e raddoppierà  ancora. Ingegneri con il curriculum giusto per progettare turbine eoliche e impianti solari. L’elenco dei mestieri verdi può continuare a lungo: l’intero mondo del lavoro si sta plasmando a misura di un cambiamento di cui si vede solo l’inizio. Cosa ci aspetta?

«Per capirlo conviene prendere le misure dei paesi che trascinano l’economia globale», risponde Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club, il cartello delle imprese impegnate in campo ambientale. «A fine 2010 negli Stati Uniti erano stati creati 997 mila green jobs grazie alla componente verde del pacchetto anti crisi: le reti intelligenti, che serviranno a rendere più efficiente il sistema elettrico, ne aggiungeranno 280 mila entro il prossimo anno. E la corsa cinese è ancora più veloce. Basta pensare che Pechino ha destinato il 38 per cento dei fondi per uscire dalla crisi al settore ambientale».
E in Italia?
«La quota verde stanziata dal governo è ridicola, l’1,3 per cento. Ma nonostante l’indifferenza di Palazzo Chigi, che ha sfiorato il sabotaggio, la nuova economia si sta muovendo veloce anche in Italia. Assolombarda ha censito con la Bocconi le aziende green in provincia di Milano: sono emerse 400 società  con 50 miliardi di fatturato e 25 mila dipendenti. Anche le fonti rinnovabili, che hanno sofferto la stagione di incertezza legata agli impegni economici cancellati dal governo, sono in ripresa, trainate dalla forza di imprese composte molto spesso da giovani. La Germania ha già  370 mila addetti alle rinnovabili e ne guadagnerà  molti altri con la riconversione degli impianti nucleari: il margine è ampio».
Quali sono gli altri settori più promettenti?
«Nel campo dell’edilizia, dove nell’arco di 20 anni potremmo ridurre di un terzo i consumi energetici, è possibile non solo recuperare i 94 mila occupati persi nel 2009, ma chiudere in attivo, con i 140 mila posti di lavoro che possono venire da una politica di efficienza nel solo settore pubblico».
Anche la chimica, che per decenni ha prodotto un impatto ambientale molto alto, dà  segnali di riconversione.
«La Novamont, che ha brevettato la plastica biodegradabile con cui si fanno shopper e posate, ha indicato la direzione di marcia: attraverso un accordo con Eni vuole trasformare il petrolchimico di Porto Torres, in Sardegna, in una bioraffineria. Negli Stati Uniti hanno calcolato che, sostituendo con un processo analogo il 20 per cento della petrolchimica, si possono creare oltre 100 mila posti ti lavoro».
Che contributo darà  la spinta ecologica all’uscita dalla crisi?
«Sono due aspetti dello stesso processo. Da un’indagine condotta da Symbola ed Unioncamere nel 2010 risulta che c’è un rapporto diretto tra impegno ambientale e capacità  di migliorare il bilancio e aumentare la quota di export. Nei prossimi cinque anni, in Italia, la green economy darà  oltre un milione di posti di lavoro».

 


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