Dall’insalata ai cetrioli se ora a farci paura sono i cibi più sani

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L’insalata greca che due settimane fa ho ordinato a un pranzo di lavoro nei Paesi Bassi, in una località  vicina alla frontiera con la Germania, mi è stata portata a tavola insieme a un dilemma. «Sei sicura che vuoi mangiarla? Osserva i cetrioli…», ha indicato con fare minaccioso il mio commensale olandese.
L’epidemia della nociva E.coli in Germania ci fa tornare in mente un aspetto negativo e non così salutare legato al fatto di mangiare quelli che si presumono essere gli alimenti più salutari del mondo occidentale: le verdure crude. Per aver scelto l’opzione più salutare ad Amburgo il mese scorso, migliaia di europei si sono ammalati, centinaia di loro si trovano in terapia intensiva e parecchi dei più sfortunati hanno perso la vita.
Anche se solo di recente le autorità  sanitarie tedesche hanno identificato l’origine dell’epidemia nei germogli di fagioli coltivati in un’azienda agricola della Bassa Sassonia, su una cosa non hanno mai avuto dubbi: erano pressoché sicuri che il colpevole fosse un vegetale consumato crudo.
Il motivo è riconducibile a un primo dato inconfutabile citato dagli esperti: in massima parte le vittime tedesche erano donne, ovvero quella parte della popolazione che consuma maggiormente insalata. Sebbene la maggior parte delle intossicazioni da E.coli sia di natura benigna, alcune varietà  tossiche più rare possono essere letali. Poiché il calore uccide l’E.coli, è facile proteggersi dalle intossicazioni da carne cuocendola bene. Invece, nel caso delle verdure non è sufficiente lavarle con l’acqua per eliminare i batteri presenti.
Quando mangiamo l’insalata, in pratica, facciamo affidamento sulla vigilanza sanitaria di una lunga serie di persone, da chi le coltiva a chi le raccoglie, da chi le imbusta a chi le spedisce, e infine i mercati, e ci riteniamo sicuri che la nostra verdura sia priva di germi pericolosi. Ogni forchettata è una sorta di straordinaria prova di fiducia nel sistema alimentare del mondo. Tuttavia, come purtroppo hanno scoperto migliaia di tedeschi a spese loro, basta un solo boccone per scoprire che la nostra fiducia è mal riposta.
Nei paesi più poveri e nel mondo in via di sviluppo – dove i controlli sanitari per i prodotti alimentari sono molto carenti o non esistono affatto – si evitano germi come l’E.coli sbucciando sempre la frutta e consumando esclusivamente verdure cotte. Negli Stati Uniti e in Europa le verdure crude sono in buona parte sicure grazie ai rigidi protocolli, alle regolamentazioni sugli alimenti, e alle ispezioni negli stabilimenti e nei campi.
I germogli, in ogni caso, sono particolarmente vulnerabili alle contaminazioni batteriche. Nascono infatti da sementi provenienti in alcuni casi da paesi che praticano ispezioni sanitarie meno accurate, e che possono arrivare già  contaminate da E.coli. A causa dei rischi legati ai germogli, la Food and Drug Administration statunitense raccomanda ai coltivatori di spruzzare sui germogli una soluzione diluita a base di cloro e sconsiglia a bambini, anziani, donne in stato di gravidanza, e persone con sistemi immunitari debilitati di consumarli crudi. Poiché l’E.coli vive nell’intestino dei mammiferi, di norma gli animali degli allevamenti e le verdure fresche devono essere tenuti a debita distanza proprio per scongiurare una contaminazione.
In teoria, il rischio di contaminazione da E.coli è maggiore dove si usa come fertilizzante il materiale organico (come il letame bovino), che si tratti di piccoli appezzamenti di terreno nella Cina rurale o in una azienda agricola bio in Germania. In Europa e negli Stati Uniti, esistono normative molto severe che prescrivono di decontaminare il concime prima di utilizzarlo come fertilizzante nelle colture. Inoltre, molti scienziati credono che poiché gli animali delle aziende agricole bio vivono in condizioni di minore affollamento, in effetti sarebbero meno portati a passarsi tra loro le varietà  tossiche dell’E.coli.
(Traduzione di Anna Bissanti)


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