Contratti, Fiat in pressing sulle parti sociali
ROMA – Vigilia di tensione per la trattativa sui contratti e la rappresentanza sindacale. La Cgil ha riunito fino a notte il Direttivo che ha sancito la spaccatura tra la maggioranza di Susanna Camusso e la Fiom di Maurizio Landini. E oggi, se ci saranno le condizioni, la Camusso firmerà l’accordo con la Confindustria, la Cisl e la Uil. Una svolta importante dopo l’intesa separata sul modello contrattuale del 2009.
Ma è stata una nota della Fiat di Sergio Marchionne a segnare la giornata di ieri. D’altra parte all’origine di questo negoziato tra Confindustria e sindacati ci sono proprio i contratti separati alla Fiat di Pomigliano d’Arco, a Mirafiori e alla ex Bertone di Grugliasco. L’intesa interconfederale che si profila, tuttavia, non è detto che dia piena copertura a quegli accordi; che li salvaguardi, così, dalla serie di ricorsi giudiziari promossi dalla Fiom. Tutto questo c’è dietro la nota di ieri. Come tutta intera resta l’eventualità che la multinazionale italo-americana decida di uscire dalla Confindustria. Perché al di là dell’auspicio di un accordo, la Fiat ha bisogno – e questo è il passaggio importante della nota di ieri – che sia «assicurata la piena operatività delle intese già raggiunte per gli stabilimenti di Pomigliano d’Arco, Mirafiori e Grugliasco». Intese che prevedono diverse deroghe al contratto nazionale e che di fatto si presentano come accordi di “primo livello” alternativi allo stesso contratto nazionale. Ma questo principio così esplicito non dovrebbe esserci nella bozza di intesa che oggi pomeriggio sarà sul tavolo della trattativa. Da qui le preoccupazioni della Fiat. E il messaggio-richiesta, con implicita minaccia di uscire dal sistema confindustriale, indirizzato alla Marcegaglia. Per la quale sarebbe davvero uno smacco raggiungere un accordo anche con la Cgil, sulla scia proprio delle vicende Fiat, e ritrovarsi con Marchionne che se ne va.
La Fiat si è messa, minacciosa, alla finestra. La Fiom, invece, continua a dare battaglia. Al Direttivo, Camusso ha chiesto e ottenuto «il mandato a continuare la trattativa e, se ci sono le condizioni, a chiudere». Landini, leader di fatto della minoranza cgiellina, ha detto no: «No a un mandato a scatola chiusa per un accordo gestito con troppa fretta e che andrebbe contro la volontà di democrazia che sta emergendo nelle fabbriche e nello scenario politico».
La Marcegaglia scommette sull’intesa, come il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini e la Uil che con il segretario confederale Paolo Pirani ricorda alla Fiat che l’accordo «riguarderà regole di sistema non singoli casi specifici». «Ma lo scenario cambierà e si sbaglierebbe a chiamarsi fuori».
Confindustria e sindacati non intendono abbandonare l’architettura contrattuale su due livelli: nazionale e aziendale. Nel secondo livello sarà possibile regolare diversamente dal primo alcune materie in particolare relative all’organizzazione del lavoro. Nella bozza di intesa non c’è la parola “deroghe” ma si sta cercando una formula che le si avvicini molto. I contratti saranno validi per tutti (erga omnes) se saranno sottoscritti dal 50% più uno delle Rsu elette con un criterio che tiene conto del voto dei lavoratori e della certificazione degli iscritti. Il referendum sarà previsto solo per gli accordi firmati dalle Rsa (non elette dai lavoratori ma nominate dai sindacati). Con il 50% più uno dei voti l’accordo sarà valido.
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