Basta scaricare musica e film pugno di ferro contro i “pirati”

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NEW YORK – I distributori di Internet scaricano chi scarica illegalmente. Mai più Lady Gaga scambiata di frodo. Mai più Leo DiCaprio gratis a casa vostra. Per la prima volta nei primi vent’anni di Internet i provider provano a fare sul serio. Rallentando la connessione di chi viene scoperto a scaricare musica e film. Fino a fermarla del tutto.
Per l’industria dei media e del web è il tentativo di stroncare quel mercato dell’illegalità  che costa solo negli Stati uniti 58 miliardi di dollari e 373mila posti di lavoro. Oltre a occupare il 25 per cento della banda larga: togliendo illegalmente spazio/tempo a tutti noi. Per i difensori dei diritti su Internet è un pericolo: visto che «i consumatori» sostengono gruppi come Public Knowledge e Center fro Democray and Technology «rischiano di essere puniti per accuse che non possono essere provate in tribunale». Non ci sarà  infatti una polizia postale a vigilare: sarà  lo stesso provider a notificare l’infrazione all’utente. Un’escalation di allarmi in sei gradi: dalla prima email che annuncerà  che sei stato beccato, fino a quella che ti obbliga a rispettare i termini del contratto. Pena il rallentamento graduale della linea e il blocco di particolari siti.
Compresa la cancellazione del contratto? Qui per la verità  ci si nasconde dietro a una foglia di fico. In teoria l’interruzione non è prevista. Ma la legge obbliga i provider a prevedere la cancellazione in caso di ripetuti infrangimenti del copyright: che la successione in crescendo dei sei avvisi ora proverebbe.
Le norme appena annunciate negli Usa arrivano grazie a un accordo tra i provider e le grandi compagnie di intrattenimento. Da una parte i colossi di Hollywood e della musica: Emi, Sony, Fox, Universal, Disney, Warner. Dall’altra i più grandi Isp, cioè Internet service provider, d’America: AT&T, Verizon, Cablevision, Comcast, Time Warner Cable. Il tutto con la benedizione della Casa Bianca e il piccolo aiuto del governatore di New York.
Proprio la battaglia di Andy Cuomo, ai tempi procuratore, contro la pornografia infantile sul web, aveva portato 3 anni fa a un accordo gli Isp, obbligati a togliere l’Internet a maniaci, sporcaccioni e criminali. E’ stato lì che i boss di Hollywood hanno intravisto il corridoio tecnico-legale. I file di film e canzoni scambiati illegalmente e i file della pedopornografia viaggiano sullo stesso sistema: quel peer to peer che permette lo scambio alla pari tra computer e computer o tra computer collegati in rete tra loro.
Il nuovo sistema, giurano ora i sostenitori, abbatterà  l’illegalità  sul web del 70 per cento. Domanda: ma perché ci hanno messo vent’anni a trovare un accordo? La risposta è duplice. L’aumento dell’offerta legale di contenuti, da iTunes ai film in streaming su Amazon e iTunes, è il nuovo mercato che sta arricchendo anche i provider, a cui fino a ieri bastava fare cassa vendendo contratti: infischiandosene se Lady Gaga o Leo DiCaprio entrassero in casa con il permesso di Hollywood o no. Ma basta anche ridare un’occhiata ai nomi qui sopra per scoprire che sempre più produttori e distributori di contenuti sono diventati essi stessi provider, e viceversa: da Time a Comcast. I Pirati sconfitti dal Grande Fratello?


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