A un anno dal diluvio

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I fiumi sono straripati, ondate di piena hanno sommerso qualcosa come un quinto del paese (significa un’area pari a quella della Grecia). Almeno duemila persone sono morte, 20 milioni sono stati lasciati senza casa e senza mezzi, 1,6 milioni di case crollate, strade e altre infrastrutture distrutte, campi sommersi, raccolti perduti – in un paese dall’economia essenzialmente rurale.
Vale la pena di ricordarlo, un disastro simile, perché continua a pesare sul Pakistan. Secondo le Nazioni unite, almeno 18 milioni di persone continuano a soffrire le conseguenze dell’alluvione. Si pensi: le zone sommerse sono tra le più intensamente coltivate del paese (quasi ovvio, trattandosi di quelle attraversate dall’Indo), incluse le pianure del Punjab, il “granaio” del paese. Era un momento critico, nel calendario agricolo: appena prima del raccolto dei cereali piantati in inverno-primavera, e a poche settimane dalla nuova semina. Dunque oltre 2 milioni di ettari di raccolti sono stati sommersi, e il danno è stato stimato in oltre 5,1 miliardi di dollari. Nell’immediato, milioni di persone avevano bisogno di cibo e aiuti per sopravvivere, ma altrettanto importante era rimettere in sesto il sistema agricolo.
Un anno dopo, la Fao (organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) dice che il programma per aiutare i piccoli agricoltori a superare la crisi ha funzionato: circa 900mila famiglie di piccoli proprietari (per un totale di 7 milioni di persone) sono di nuovo in piedi. Dice che il suo «Programma internazionale di risposta alle inondazioni», finanziato con 92 milioni di dollari, ha puntato a dare i mezzi per la semina invernale di grano e vegetali e alla semina primaverile di mais e riso; a ricostituire le mandrie degli allevatori, a riparare i sistemi di irrigazione. Questo oltre alle 650mila tonnellate di grano distribuito (circa il doppio di quello necessario per seminare). Così, dice la Fao, la famiglia media di agricoltori è riuscita a vendere circa un terzo del raccolto, generando 116 dollari di reddito cash per famiglia.
Altri bilanci sono meno positivi. La ricostruzione è indietro: 800mila famiglie restano in ripari di fortuna, segnala la ong umanitaria internazionale Oxfam. Altre ong segnalano che i bambini sono forse le vittime più vulnerabili. Citata da Irin news, il bollettino online dell’ufficio Onu per gli affari umanitari, una assistente sanitaria itinerante del servizio statale dice che nelle famiglie di agricoltori il cibo scarseggia, e in questi casi chi mangia meno di tutti sono proprio i piccoli. L’Unicef segnala che nel Sindh (la provincia meridionale) i segni di acuta malnutrizione erano ormai visibili sei mesi dopo l’alluvione, con «centinaia di migliaia di bambini» a rischio: oggi registra tassi di malnutrizione del 23% nel Sindh settentrionale e del 21% nel sud: ben oltre la soglia di 15% che per l’Oms significa emergenza.
Cosa succederebbe oggi se la nuova stagione di piogge monsoniche fosse simile a quella di un anno fa? Il paese sarebbe preparato a farvi fronte? «Il paese resta impreparato – sostiene Oxfam – perché molti dei fattori che hanno ostacolato gli sforzi di soccorso e ricostruzione persistono, tra cui un sistema di gestione dei disastri inadeguato e la mancanza di coordinamento dei soccorsi di emergenza».


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