In manette “El Diego” il super-killer dei narcos che ha ucciso 1.500 volte

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NEW YORK – Bastava pronunciare il suo soprannome – “El Diego” – per provocare un brivido di paura nel milione e mezzo di abitanti di Ciudad Juarez, la metropoli messicana ai confini con il Texas considerata la più violenta del mondo. La sua fama di super-killer al servizio dei narcotrafficanti era nota anche a El Paso, al di là  della frontiera, dove una squadra di agenti federali americani era da tempo impegnata a scovarlo. “El Diego” aveva persino la faccia tosta di far appendere sui muri della città  degli striscioni con minacce esplicite nei confronti degli Stati Uniti. Ma nessuno, né da una parte né dall’altra del confine, poteva immaginare che José Antonio Acosta Hernandez fosse personalmente responsabile di così tanti omicidi.
«Sono stato io a ordinare la morte di circa 1.500 persone soprattutto a Ciudad Juarez e a Chihuahua», ha detto “El Diego” con tono arrogante – più come un vanto che come una confessione – agli agenti dell’unità  anti-droga della polizia messicana che venerdì sera lo hanno arrestato assieme alla sua guardia del corpo grazie a una segnalazione dei colleghi americani. L’operazione è stata tenuta nascosta per molte ore. Poi Acosta è stato trasferito a Città  del Messico e mostrato alla stampa internazionale come un trofeo: protetto da un giubbotto antiproiettile, aveva uno sguardo di sfida e non tradiva alcun rimorso.
«È il più grande colpo che abbiamo inferto ai cartelli di Ciudad Juarez dopo la decisione dell’aprile 2010 di mandarvi 5mila agenti di polizia», ha dichiarato il presidente messicano Felipe Calderon, la cui strategia anti-narcotraffico sta ottenendo risultati incoraggianti.
“El Diego” ha solo 33 anni. Dopo aver lavorato per alcuni anni nella polizia, che gli ha permesso di imparare le tattiche delle forze dell’ordine e di stabilire contatti preziosi, si è messo alla guida di una gang di banditi e poliziotti corrotti chiamata “La linea”, lavorando al servizio del cartello di Juarez e del suo capo, Vicente Carillo Fuentes. Lui, Acosta, era noto in questo ambiente come “l’Esecutore” perché traduceva in agguati, autobombe e omicidi a sangue freddo gli ordini ricevuti dal cartello. Ai margini, si occupava anche di estorsioni e racket.
Dopo l’arresto “El Diego” ha ammesso di essere stato il protagonista della morte di tre persone legate al consolato degli Stati Uniti a Ciudad Juarez. Il 13 marzo 2010 l’impiegata Lesley Enriquez e il marito Arthur Redelfs furono trivellati di colpi mentre uscivano da una festa di compleanno. E lo stesso giorno fu ucciso anche il marito di un’altra dipendente, Jorge Alberto Salcido Ceniceros. Per questi tre omicidi Acosta è ricercato anche dalle autorità  americane. Sempre lui nel gennaio dell’anno scorso ordinò il massacro di quindici ragazzi a una festa. Ma al di là  di questi episodi più noti – spiega Tony Payan, un esperto dell’Università  del Texas a El Paso – “El Diego” è stato «al centro negli ultimi anni di ogni attività  criminale e di ogni omicidio a Juarez». Ed è probabile che il suo arresto porti a un declino del cartello di Fuentes, oltre che della violenza in città .


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