Rifugiati in fuga: a Milano il 38% se n’è andato nel nord Europa

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MILANO – Appena possono scappano di nuovo. Destinazione nord Europa. Il 38% dei rifugiati politici residenti a Milano nel 2010 ha cercato di lasciare l’Italia. È quanto rivela la video inchiesta di Terre di mezzo – street magazine “Vacanze forzate” che verrà  presentata il 13 settembre al Milano film festival. Ripartono per due ragioni: alcuni perché l’Italia l’hanno sempre considerata solo una tappa e altri perché il sistema di accoglienza non è riuscito a garantire loro un lavoro e una casa. La fuga dei rifugiati è una spina nel fianco per il Comune. “È un uso strumentale dell’accoglienza -dichiara nel documentario Giancarla Boreatti, responsabile dell’Ufficio stranieri-, perché s’interrompe bruscamente il percorso d’integrazione nel momento in cui si hanno abbastanza soldi per raggiungere altri Paesi europei”. 

Il Comune di Milano sta preparando un rapporto sulla situazione dell’accoglienza dei rifugiati. Nonostante il capoluogo lombardo non sia uno dei primi approdi per i richiedenti asilo, il flusso di persone che si trova a dover affrontare è difficile da gestire: negli ultimi dieci anni, più di 7mila persone. Quasi il 90% di questi ha ottenuto il permesso di soggiorno in altre Questure d’Italia: “Ci si sposta qui perché il sistema d’accoglienza è generoso”, commenta Boreatti. Per di più, insieme a Roma, Milano è l’unica città  in cui vige il “sistema Morcone”, un pacchetto da 400 posti di prima accoglienza, finanziati dal Viminale, in cui oltre ai soliti servizi si offre anche l’opportunità  di uno stage retribuito: la borsa lavoro. “Dal rapporto che stiamo preparando emerge che il 25% delle borse lavoro diventano contratti a tempo determinato e indeterminato”, aggiunge il funzionario del Comune.

Nonostante l’Italia sia per i migranti solo un punto di passaggio, il sistema per l’integrazione è comunque al collasso. Per una responsabilità  politica, che grava sulle spalle del ministero dell’Interno. Il sistema nazionale Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), ossia il circuito di centri d’accoglienza diffuso in 127 comuni d’Italia, conta 6mila posti all’anno (3mila posti ogni sei mesi). Le domande d’asilo, però, prima del 2009, anno in cui sono entrati in vigore i respingimenti sistematici previsti dal “pacchetto sicurezza”, non sono mai state inferiori a 20mila. Seimila persone entravano nel circuito Sprar, le altri diventavano senza fissa dimora. Nel 2010, le domande sono state 8mila, ma ora che i controlli alle frontiere sono saltati si tornerà  di certo ad ordini di grandezza simili a quelli pre “pacchetto sicurezza”. Con il problema che chi deve gestire sul territorio l’accoglienza non ha disponibilità  sufficienti: “Se i numeri crescono, bisogna interrogarsi su come fare”, conclude Giancarla Boreatti. (Lorenzo Bagnoli)

 

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