Tbc, altri otto casi: l’incubo di un’epidemia

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ROMA – Prima la cautela, ora la paura. Perché se non si può parlare ancora di epidemia, dopo tre giorni di controlli e un centinaio di bambini sottoposti ai test, sono saliti già  a 10 i neonati trovati positivi a Roma al bacillo della tubercolosi. Undici, se si conta anche il primo caso, quello di una bimba ricoverata da un mese al Bambin Gesù che ha sviluppato la malattia (al contrario degli altri 10) e che gli epidemiologi continuano a studiare per capire se si tratta dello stesso ceppo di tbc. Tutti sono nati tra il primo marzo e il 25 luglio all’ospedale Gemelli e tutti sono entrati in contatto con un’infermiera che aveva accesso al nido di Neonatologia, ricoverata, da tre settimane allo Spallanzani per tubercolosi.
Alla fine, se continua così, i positivi potranno essere tanti. Addirittura 120, si stima, il 10% dei 1.271 neonati che in questi giorni vengono controllati in tre ospedali della capitale. Un’accelerazione delle ultime ore per fare in modo che, entro la fine di agosto, possa essere concluso il primo screening. Da oggi si andrà  avanti con 150 bambini al giorno. Ieri a sottoporsi ai test sono stati soltanto una cinquantina. Tra questi, sono risultati positivi in 8, due nati a marzo (quando in teoria l’infermiera aveva basse potenzialità  di contagio) e 6 a luglio (quando invece il rischio era molto più alto). Si vanno ad aggiungere ai primi due trovati positivi al test del quantiferon due giorni fa. Verranno tutti richiamati nei prossimi giorni per un approfondimento e una radiografia toracica. Poi partirà  la profilassi che prevede la somministrazione di un farmaco chemioterapico per circa 6 mesi.
Dalla Regione Lazio, che coordina la task force avviata per fronteggiare l’emergenza, sottolineano come «la positività  ai test non significa malattia». Intanto, però, la preoccupazione cresce di pari passo al numero dei positivi. E mentre la procura ha aperto un fascicolo (per ora nessuna ipotesi di reato né indagati) e attende una relazione dei Nas, parla l’infermiera ammalata di tbc. È ricoverata allo Spallanzani ed è preoccupata di passare come l’untrice, la responsabile del contagio: «Non sono certo una monatta che gira per Roma a contagiare i bambini», dice. Trentotto anni, assunta al Gemelli da oltre 10, aveva anche fatto il vaccino contro la tubercolosi. Ma forse, a distanza di anni, l’effetto protettivo è svanito. Nei prossimi giorni la donna verrà  ascoltata dai magistrati. Le chiederanno di ricordare come e dove potrebbe essersi ammalata.


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