Lingotti d’oro, dollari e diamanti Gheddafi in fuga con il suo tesoro

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Dov’è? Muhammar Gheddafi è svanito con il seguito e i numerosi figli per il momento senza lasciare traccia. Le fonti di intelligence occidentali lo danno quasi certamente nella zona di Sirte, sua città  natale, il suo feudo, dove i Ghaddafa – la tribù originaria del colonnello – ha da quarant’anni potere di vita e di morte. Verso Sirte si stanno dirigendo colonne di camion, di pick up con le mitragliatrici sul cassone, sgangherate motociclette cariche di ribelli che vanno ad affrontare – sperano – l’ultima battaglia contro il tiranno e farla finita con lui e il suo clan una volta per tutte.
I ribelli del Cnt non dispongono di informazioni certe sull’ex raìs, se era falsa la pista che portava in Algeria, resta dubitativa quella che porta a Sirte. Da non scartare quella che invece punta a Sud, verso il deserto – si viaggia di notte per sfuggire ai satelliti e si sta fermi di giorno – per raggiungere quella zona franca sub-sahariana dove i confini fra gli Stati sono labili, di sterminata lunghezza e mal controllati. Ciad e Sudan potrebbero essere la meta, dopo che il Niger ha deciso ieri di riconoscere i ribelli del Cnt come rappresentante del popolo libico.
A Khartum, nella capitale dove governa l’amico Bashir – quello che il tribunale internazionale vorrebbe processare per crimini contro l’umanità  per le stragi in Darfur – Gheddafi ha molti interessi, compreso un meraviglioso hotel sulle rive del Nilo, e godrebbe di ampia protezione. Senza contare i finanziamenti garantiti alle milizie arabe del Sudan in lotta contro i ribelli del Darfur. E poi Gheddafi ha storici legami con varie tribù e gruppi ribelli del Sahara, ha fomentato e cercato di risolvere le rivolte in questa parte dell’Africa soltanto per espandere la sua influenza, lì può vantare degli amici. La coordinata africana nasce dai solidi legami instaurati da Gheddafi con il Continente Nero. Oltre a sostenere il 15 per cento dei costi dell’Unione Africana, Tripoli investe da un decennio in tutta l’Africa sub sahariana spendendo milioni e milioni di dollari in costosi progetti in Mali e Ciad e lanciando mirabolanti investimenti in Liberia, Sudafrica, Madagascar e gli appoggi alla dissestata economia dello Zimbabwe di Robert Mugabe.
Il gruppo in cerca di scampo dovrebbe essere ben numeroso, perché il Colonnello se ne è scappato da Tripoli con il suo tesoro, in contanti naturalmente. Si dice che l’ex raìs tenesse sempre pronti alcuni miliardi di dollari fra oro e contanti proprio per questa necessità : la fuga e le sue prime necessità  prima di riorganizzarsi. L’oro e le valigie piene di contanti pesano, sono ingombranti, trasportare il tutto non è semplice. Ma potrebbe essere solo una soluzione momentanea, arrivato in un rifugio relativamente sicuro per lui, il Colonnello potrebbe mettere le mani sul suo «vero» tesoro. Dato per perso quello che tutti conoscono con la rete di investimenti ufficiali libici in Italia, Malta, Gran Bretagna e in decine di altri Paesi delle due company per questo create – La Lybian Investment Authority (Lia) e la Lybian Arab Foreign Investment Company (Lafic) – già  ampiamente tracciati e congelati dopo l’inizio della rivolta di febbraio nelle Banche europee e americane, Gheddafi dispone di un altro tesoro: quello parcheggiato in paradisi fiscali irraggiungibili che il Colonnello ha «stornato» dalle rimesse per la vendita di greggio e gas.
Si parla – ma siamo sempre nel campo delle ipotesi degli specialisti dell’intelligence – di un portafoglio di quasi 100 miliardi di dollari. Conti cifrati, depositi in contanti, cassette di sicurezza piene di dollari e diamanti, tutto intestato a persone fisiche o società  fittizie, mediatori e uomini di fiducia profumatamente pagati. Se il Colonnello poteva pagare tre milioni di dollari l’anno un team di professori di Harvard come consulenti per l’immagine, figurarsi se non ha una rete «brasseurs d’affaires» in grado di far arrivare questo denaro praticamente ovunque. E poi sono decine i paradisi fiscali che non aderiscono alla lotta contro il riciclaggio di denaro varato dall’Ocse nel 1999, dall’isole Cook nel Pacifico, alle Samoa, dalle isole Marshall alle Vanuatu, solo per restare in quell’area. Grenadine, Monserrat, Saint Kitts e Nevis nel Mar Caraibico, dove può essere parcheggiato con sicurezza il «tesoro».
Poi, visto che Gheddafi non si è mai fidato di nessuno, invece di depositare le ingenti riserve aurifere in Svizzera o in Inghilterra, come fanno molti Paesi, aveva accumulato in Libia 144 tonnellate di oro, pari a 6.5 miliardi di dollari in lingotti, nella sua esclusiva disponibilità . Quest’immensa ricchezza, tra le 25 riserve aurifere massime al mondo stando al Fondo Monetario Internazionale, si dice che sia stata nascosta vicino alla frontiera con il Ciad. Qui i lingotti possono essere facilmente scambiati per armi, per pagare i mercenari africani, le milizie personali dei membri della sua famiglia e magari fomentare una rivolta nella nuova Libia che sta nascendo.


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