Preoccupazione alla Bce: i patti vanno rispettati

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In altri tempi sarebbe stato un passaggio poco più che burocratico, oggi invece sarà  un po’ come rimettersi in pista dopo un brutto infortunio: a fine luglio, Via XX Settembre aveva cancellato tutte le grandi aste dell’estate prima ancora che la nevrosi sul mercato raggiungesse il suo apice a inizio agosto.
Da allora tutto è cambiato, o almeno ne ha l’apparenza: i rendimenti sui titoli di Stato italiani a dieci anni sono scesi da zona 6,2% giù fino al 5%, di conseguenza per lo Stato indebitarsi costa meno. Ma da allora è cambiata anche la composizione del bilancio della Banca centrale europea, perché là  oggi si trovano circa 30 miliardi di Btp che prima non c’erano.
Se questa mattina l’Italia può affrontare il mercato e rifinanziarsi, è solo perché la Bce nelle ultime tre settimane ha comprato senza sosta. Gli interventi a favore di Roma e di Madrid sono stati di 22 miliardi di euro nella prima settimana, 14,6 nella seconda e 6,6 nella terza e di questi circa il 70% ha riguardato l’Italia: il Paese che tutti all’Eurotower considerano sistemico per la tenuta della moneta unica. Senza l’appoggio della Bce il governo probabilmente non ce l’avrebbe fatta, ma senza l’appoggio del governo la posizione della Bce rischia di diventare difficilissima nel giro di pochi giorni.
Lo si vedrà  al più tardi l’8 settembre. Quel giorno si riunirà  il consiglio dei governatori dell’Eurotower e per allora tutti i 17 componenti del vertice della banca centrale avranno notato che la manovra del governo probabilmente non corrisponde a quanto concordato. Nella prima settimana di agosto era emersa un’intesa per interventi sui Btp da parte di Francoforte in cambio di un percorso chiaro: liberalizzazioni e privatizzazioni rapide, ma soprattutto un deficit dell’1% del Pil nel 2012 e a zero del 2013. Ma alcuni banchieri centrali ieri sera avevano già  iniziato a chiedersi che garanzie può dare un piano imperniato sulla lotta all’elusione fiscale come quello che è emerso dal vertice di maggioranza. L’elusione è per definizione un fenomeno sommerso, si fa notare, dunque il gettito che ne deriva è impossibile da valutare in anticipo.
L’Agenzia delle Entrate è convinta che l’operazione sia fattibile, ma sul percorso di rientro pesa anche un’altra incognita. La crescita prevista dal Fondo monetario internazionale per l’Italia (0,8% quest’anno, 0,7% il prossimo) è sostanzialmente sotto a quella messa in conto dal governo nella manovra. Solo questo ritardo potrebbe spingere il deficit di quasi un punto di Pil sopra l’obiettivo del pareggio nel 2013. Non ci sarebbe da sorprendersi se oggi, all’audizione in Senato sulla manovra, il vicedirettore generale di Bankitalia Ignazio Visco ricorderà  proprio il problema della crescita debole: Via Nazionale (anche qui, come concordato con la Bce) avrebbe preferito che il governo accelerasse di più e da subito sulle liberalizzazioni.
Fin qui le perplessità  di merito che serpeggiano già  fra i banchieri centrali sull’asse Roma-Francoforte. Su queste però rischia di innestarsi un problema politico nello stesso vertice dell’Eurotower, dove dall’inizio sono emerse divisioni sull’Italia. Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann guida la minoranza dei contrari ed è arrivato ha esprimere nero su bianco le ragioni del suo dissenso: secondo lui aiutare il governo italiano adesso significa incoraggiarlo a non fare granché, convincendolo che altri toglieranno comunque le castagne dal fuoco. Da ieri, Weidmann rischia di fare proseliti.


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