L’ipotesi: in Procura ma insieme all’avvocato
È l’ipotesi prospettata ieri dall’avvocato Niccolò Ghedini, difensore di Berlusconi, ai pubblici ministeri napoletani in trasferta a Roma, e consiste nell’ascoltare il premier nell’inedita veste di «testimone assistito», cioè con un legale al fianco. In teoria, infatti, l’inchiesta a carico di Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini sull’eventuale ricatto al premier potrebbe avere dei collegamenti — peraltro evocati nell’ordine di arresto nei confronti degli indagati — con il processo milanese in cui Berlusconi è imputato di prostituzione minorile e concussione. Perciò, nel momento in cui viene chiamato a deporre su fatti in cui non è al momento coinvolto come presunto autore di reati bensì in qualità di vittima di ipotetici reati altrui, lo stesso Berlusconi avrebbe diritto all’assistenza di un avvocato di fiducia. Questa è la tesi dei difensori del premier, i quali dopo aver capito che la Procura napoletana non rinuncerà alla sua testimonianza, hanno proposto questa soluzione subordinata. Che servirebbe ad evitare un faccia a faccia tra il presidente del Consiglio e i pm senza il sostegno tecnico di un difensore, dalle conseguenze imprevedibili. La Procura valuterà ora questa possibilità , che potrebbe rappresentare una strada alternativa alla richiesta di «accompagnamento coatto», irta di difficoltà e di polemiche che pure gli inquirenti vorrebbero evitare. È infatti difficile immaginare che la maggioranza della Camera possa concedere l’autorizzazione a far prelevare il capo del governo dalla forza pubblica per portarlo al cospetto dei magistrati. L’esasperazione del conflitto, oltre che foriera di uno scontro senza precedenti, sarebbe dunque improduttiva sotto il profilo giudiziario. Meglio allora porre le domande al «teste assistito», e vedere se e come risponde, per poi prendere in esame l’insieme degli elementi emersi dall’inchiesta. Che è partita da una presunta estorsione ma si sta allargando ad un contesto più ampio, nel quale s’intravede una sorta di «tutela» garantita al reclutatore di ragazze a pagamento Gianpaolo Tarantini, risalente a più di due anni fa e ancora tutta da valutare sotto il profilo penale.
Anche per questo i pubblici ministeri non intendono rinunciare all’incontro col premier, che nella memoria inviata a Napoli non ha certo esaurito gli argomenti di loro interesse. A cominciare da tempi, motivi e modalità con cui ha deciso di «aiutare» Tarantini e la sua famiglia, attraverso un finanziamento in contanti di almeno ottocentomila euro.
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