LUBRIFICANTI D’IMPRESA

Loading

Per essere chiari: la Bce può contestare a un paese di creare troppo moneta, di avere un deficit e un debito troppo ampio, di alimentare la sfiducia verso l’euro danneggiando tutti i soci della moneta unica, ma non può interferire con l’autonomia dei singoli stati. Invece l’ha fatto.
Molti – soprattutto a sinistra – sono stati felici dell’intromissione della Banca centrale. Vi hanno letto la conferma della mancanza di autonomia del governo Berlusconi che con quella lettera ha ricevuto un pugno nello stomaco e, di fatto, è stato commissariato.
Quella lettera, però, ha dato legittimazione a tutte le peggiori schifezze del governo e ha «lubrificato» i peggiori istinti della Confindustria che pretende – come sempre – di avere carta bianca, o meglio le carte truccate, per rilanciare l’economia italiana. Ma come?
La Marcegaglia è veramente convinta che basta privatizzare tutto e piegare le ultime resistense della classe operaia per far rifiorire il miracolo italiano?
Forse non tutti sanno che in Romania ci sono oltre 7 mila imprese italiane che occupano 800 mila lavoratori. I salari sono bassi sono l’ideale per i padroni. Il problema è che in Romania si seguitano a produrre le solite merci di «merda» – a basso valore aggiunto e senza innovazione – che producono o producevano anche in Italia. Di più: le imprese italiane hanno goduto nel ’92-’93 di una straordinaria opportunità : la svalutazione della lira e l’imbrigliamento del costo del lavoro.
Cosa hanno fatto? Nulla: hanno seguitato a produrre le stesse merci godendo dei vantaggi della accresciuta produttività  basato solo su un maggiore sfruttamento del lavoro.
 Potrà  sembrare nostalgia del passato, ma l’unico momento felice dell’economia italiana è stato quello dell’economia mista, cioè dell’intervento pubblico.
I nostri padroni delle ferriere hanno vissuto di luce riflessa quella fase di miracolo economico creato e diretto (fino a quando la politica non si è messa di traverso) dalle grandi aziende a partecipazione statale. Certo, si può obiettare che quando si è poveri è più facile crescere.
Lo dimostra anche l’esperienza di altri paesi come la Spagna e oggi la Turchia, il Brasile e la Cina. Il difficile arriva quando l’economia si trasforma in «post industriale» nella quale la ricerca, i servizi e più in generale il welfare diventano i propulsori dello sviluppo, possibilmente più armonico. Invece la Bce e Confindustria ripropongono un modello si accumulazione vecchio.
Anzi fanno di più: con le privatizzazioni tendono a creare nuove e facili occasioni di profitto, mentre – purtroppo – i migliori cervelli italiani sono costretti a emigrare.


Related Articles

“I ricchi già  pagano molte tasse inutili i prelievi aggiuntivi”

Loading

Marcegaglia: ma dico no anche a qualsiasi condono.  Senza crescita non si salva il lavoro. Lo sciopero della Cgil? È un diritto anche se non è il momento. Ma io non rompo con la Camusso. Sono d’accordo con Bersani: non si fa cassa con le pensioni Ma quelle di anzianità  vanno superate. Lo dico contro gli interessi delle imprese

 

Mani più libere per licenziare nuovi ammortizzatori dal 2017 assunzione per i precari da 3 anni

Loading

Assegno di disoccupazione a tutti, ma durerà  solo 12 mesi   Licenziamenti discriminatori nulli anche per le piccole imprese. Stop alle dimissioni in biancoIndennizzo al posto del reintegro per gli espulsi illegittimamente per motivazioni economiche Fondo di solidarietà  per i lavoratori “anziani”. Saranno sperimentati i congedi di paternità  obbligatori 

Conte bis dice sì al golden power sul 5G. Rischiano le cinesi Zte e Huawei

Loading

A preoccupare di sicuro Pechino sono soprattutto i contratti di Wind e Fastweb, rispettivamente con Huawei e Zte, proprio i due spauracchi principali di Trump.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment