Mani più libere per licenziare nuovi ammortizzatori dal 2017 assunzione per i precari da 3 anni

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Una modifica sostanziale dell’articolo 18 e una decisa stretta sui contratti del precariato. Ecco i due canali attraverso i quali la riforma Fornero si prepara a rivoluzionare il mercato del lavoro. Per quanto riguarda i licenziamenti, l’obbligo di reintegro sul posto di lavoro resta solo nei casi di cause discriminatorie anche nelle aziende con meno di 15 dipendenti. In caso di illegittimo licenziamento per crisi economica sarà  invece previsto solo un indennizzo; sui motivi disciplinari – seguendo rigidi criteri – deciderà  il giudice. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali – che entreranno a regime nel 2017 – arriva l’Aspi, che sostituirà  mobilità  e assegno di disoccupazione. Precari: dopo tre anni di contratto a tempo determinato (che costerà  di più alle aziende) il rapporto diventa automaticamente stabile. False partite Iva: in caso di monocommittenza dopo sei mesi il rapporto diventa subordinato. Ma la riforma reintroduce anche il divieto di dimissioni in bianco e prevede una sperimentazione dei congedi di paternità  obbligatori.

SUSSIDI / L’Aspi, l’assicurazione per l’impiego che rivoluziona il sistema di tutela    


Nasce l’Aspi, l’assicurazione sociale per l’impiego: secondo la definizione del governo, l’ammortizzatore «universale». Resterà  in vigore la cassa integrazione ordinaria e parte di quella straordinaria, ma solo per i casi di ristrutturazione. Scomparirà  invece la mobilità  e l’assegno di disoccupazione, sostituiti appunto dall’Aspi. L’assicurazione durerà  un anno per lavoratori fino a 54 anni e, in termini di assegno, potrà  arrivare ad un massimo a 1.119 euro lordi. Dopo i primi sei mesi sarà  però applicata una riduzione del 15 per cento. Per i lavoratori over 54 l’Aspi durerà  fino a 18 mesi, ma per i sei mesi in più scatterà  un ulteriore taglio del 15 per cento. L’ Aspi, con regime transitorio, entrerà  in vigore dal 2016. La nuova formula riduce la durata della tutela rispetto alla mobilità , che può oggi arrivare ai tre anni. «Ma ora la mobilità  è riferita a 4 milioni di lavoratori e noi vogliamo portare l’Aspi su una platea di 12 milioni» ha detto la Fornero. Resta il problema dei lavoratori anziani, che rischiano di trovarsi ancora lontani dalla pensione, ma già  fuori dall’Aspi. «Non vogliamo parlare di esodi o esodati – ha detto Fornero – ma ci sarà  un fondo di solidarietà  a carico delle parti e quindi delle imprese». L’ «accompagnamento» di quattro anni sarà  però previsto solo in caso di lavoro usurante.

ARTICOLO 18 / Cade lo spartiacque dei 15 dipendenti le nuove norme valgono per tutti    


Il governo ha deciso e non ha più intenzione di ritornare sul tema. La riforma Fornero interviene con decisione sull’articolo 18 e sulle tre possibili tipologie di licenziamento (discriminatorio, economico, disciplinare). Le norme appena decise saranno valide per tutti i lavoratori, vecchi e nuovi. 
Il reintegro sul posto di lavoro resta obbligatorio solo nel primo caso (per discriminazione), ma la norma ora varrà  anche per le imprese con meno di 15 dipendenti non soggette allo Statuto dei lavoratori. Nel caso di licenziamento per motivi economici – individuale o collettivo – non è invece più previsto in alcun caso il reintegro. Se viene dimostrata l’illegittimità  del licenziamento il lavoratore avrà  diritto all’indennizzo: da un minimo di 15 ad un massimo di 27 mensilità  secondo l’ultima retribuzione. Quanto al licenziamento per motivi disciplinari sarà  applicato il modello tedesco: sarà  il giudice a stabilire caso per caso se – considerata l’illegittimità  dell’atto – al lavoratore debba essere consentito il reintegro sul posto di lavoro o il solo indennizzo. Il ritorno al lavoro è però previsto solo se il motivo è inesistente, per non aver commesso il fatto o se il motivo non è riconducibile alle ipotesi punibili ai sensi dei contratti nazionali. In tutti gli altri casi il giudice deciderà  per un indennizzo da 15 a 27 mensilità .

Contratti a termine / Giro di vite sul lavoro temporaneo costerà  di più e non andrà  oltre i 36 mesi    


«Il contratto di lavoro a tempo indeterminato domina sugli altri» ha assicurato il ministro Fornero. Ma considerato il fatto che – dati Unioncamere – solo il 56,3 per cento delle future assunzioni sarà  tale, è soprattutto di quelli precari che la riforma si occupa. I contratti a tempo determinato (oltre a costare di più in termini di contributi) non potranno essere reiterati per più di 36 mesi, dopo tre anni il rapporto diventerà  indeterminato. Giro di vite sulle false partite Iva: se la prestazione è volta ad un unico committente, dopo sei mesi il rapporto diventa a carattere subordinato. Le associazioni in partecipazione saranno ammesse solo per i familiari di primo grado (è la forma di contratto flessibile più limitate, le altre restano tutte, con più paletti). Nel vertice di ieri il ministro ha anticipato che ci saranno «vincoli stringenti ed efficaci sui contratti intermittenti e a progetto». La proposta del governo prevede infatti, per i co. co. pro, una più rigida definizione di «progetto» e il divieto di inserire clausole individuali. L’apprendistato sarà  la forma privilegiata di ingresso al lavoro, avrà  durata massima tre anni e, nelle intenzioni del governo dovrebbe portare all’assunzione (visto l’investimento in formazione). Se così non sarà  le competenze saranno certificate.

RISORSE / I contributi saranno più alti ma rincari ridotti per i piccoli    


Chi pagherà  la riforma? L’Aspi il nuovo ammortizzatore sarà  finanziato attraverso un aumento dei contributi dell’1,4 per cento a carico dei contratti a tempo determinato. Il famoso costo della flessibilità  annunciato dal ministro Fornero. Ma le lamentele espresse dalle piccole imprese nei giorni scorsi hanno sortito effetto. La sovratassa dell’1,4 non sarà  infatti applicata ai contratti stagionali, tipici delle aziende commerciali e turistiche. Non solo, le piccole imprese continueranno a godere di un regime di favore rispetto ai versamenti dei contributi per la disoccupazione: artigiani e commercianti continueranno a versare lo 0,40 per cento contro l’1,3 richiesto alle imprese industriali. Di fatto Marco Venturi, presidente di Rete Imprese si è detto alla fine parzialmente soddisfatto e ha ritirato la minaccia di disdettare i contratti già  firmati.
La stessa Confindustria lamenta però che gli sconti concessi ai piccoli potrebbero aprire un problema di copertura per i nuovi ammortizzatori. Per finanziare l’Aspi ci potrebbe essere anche un inasprimento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco aereo. L’argomento è fra i capitoli del testo di riforma.


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