L’America teme il contagio: “Dall’Europa risposte incerte”

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NEW york – L’illusione è durata poco, l’America torna a temere l’euro-contagio. Barack Obama lancia un appello «ai leader delle principali economie» che incontrerà  giovedì al G20 di Cannes: «La crisi in Europa va risolta il più presto possibile».
Il presidente americano si fa interprete dei dubbi che già  affiorano sui mercati, riguardo all’efficacia dell’accordo raggiunto in seno all’eurozona: «E’ importante per tutti noi – dice – che quella strategia sia applicata con successo». E aggiunge i requisiti indispensabili: «Bisogna costruire un muro anti-fuoco che impedisca a quella crisi di diffondersi, rafforzando le banche e affrontando i problemi strutturali». Il tono di Obama è identico ai commenti che vengono da Wall Street, dai grandi investitori che devono sottoscrivere i bond europei, e dai media più autorevoli. Il Wall Street Journal in prima pagina ha un’analisi dell’intesa Ue dal titolo: «La prossima tappa: mettere il piano alla prova». Segue un lungo elenco di dubbi: «Nell’accordo mancano dettagli cruciali. Inoltre non basteranno né la riduzione del 50% dei rimborsi sul debito greco, né l’aumento della dotazione del fondo salva-euro, per arginare la crisi. Il meccanismo con cui Italia e Spagna dovrebbero assicurare i propri bond non è chiaro. Persuadere la Cina a venire in aiuto sarebbe più facile se ci fosse un maggiore ruolo del Fondo monetario internazionale». Viene citato il più grande gestore mondiale di fondi obbligazionari, un “cliente” indispensabile ad ogni emissione di titoli pubblici, Mohamed El-Erian del gruppo Pimco: «La sfida vera non sta nel disegnare il piano, ma nel realizzarlo». E’ sulla stessa lunghezza d’onda il New York Times: «L’entusiasmo sull’ennesimo sforzo di salvataggio dell’eurozona finirà  come tutti i precedenti, cioè svanirà ?» Richard Cookson che guida le strategie di investimento di Citi Private Bank osserva che «l’euforia diminuisce a ogni nuovo pacchetto di misure» mentre David Watts di CreditSights dice che «non è questo il bazooka di cui il mercato ha bisogno». Tra le riserve sull’intesa di Bruxelles, per il capitolo che riguarda gli interventi sulle banche a rischio di default, il New York Times cita il fatto che «in contrasto con i salvataggi bancari effettuati negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, i governi europei non iniettano fondi pubblici nei loro istituti di credito, bensì gli chiedono di ricapitalizzarsi rivolgendosi a investitori privati». Ma le banche europee, ricorda quell’analisi, «sono così appesantite da titoli pubblici di cattiva qualità , che possono necessitare di nuovi capitali per 300 miliardi di euro, il triplo di quanto prevede l’intesa di giovedì».
Dalla Casa Bianca a Wall Street, i timori sono che l’eurozona non riesca a evitare il default dell’Italia, e che questo inneschi una crisi sistemica con ripercussioni nel mondo intero. Il commento di James Stewart sul New York Times si apre proprio con questa frase: «Di colpo mi sono reso conto che il valore del mio fondo pensione potrebbe dipendere da Silvio Berlusconi». L’analisi ricorda che «l’Italia ha il quarto debito pubblico più grande del mondo», e descrive il meccanismo del contagio: le prime a saltare sarebbero le banche francesi «perché hanno la massima esposizione verso il debito pubblico italiano, oltre 500 miliardi di dollari». A quel punto la catena si estenderebbe fino all’America, «perché chi lo sa quali istituzioni americane hanno a loro volta assicurato» le banche francesi contro il default dell’Italia. A fare argine contro questo meccanismo c’è Berlusconi, che già  ad agosto «promise riforme che poi non ha fatto». Il potenziale per il contagio, ammonisce anche un rapporto di Goldman Sachs, «è molto ampio».


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