Scajola verso il processo per la casa al Colosseo
ROMA – Processo in vista per l’ex ministro Scajola. Ieri sera la procura di Roma gli ha notificato l’avviso di chiusura delle indagini sulla compravendita dell’appartamento con vista sul Colosseo. È confermato il finanziamento illecito al parlamentare del Pdl. Si profila la citazione diretta a giudizio.
Il procuratore aggiunto Alberto Caperna ha depositato gli atti dell’inchiesta, mettendoli a disposizione della difesa degli indagati, cioè lo stesso Scajola e l’imprenditore Diego Anemone, personaggio chiave dell’indagine sugli appalti del G8, icona del meccanismo corruttivo, fatto di benefit, favori e regali, che ha attraversato la maggioranza di governo. Se entro venti giorni gli avvocati non produrranno prove a discolpa, il pm chiederà il processo.
«Quella casa è stata pagata a mia insaputa», dichiarò l’ex ministro dello Sviluppo economico. Ma lo disse soltanto in conferenza stampa, perché – convocato dal magistrato – in procura non si è mai presentato. Non ha mai spiegato, risposto. Le accuse formulate prima dai pm di Firenze e di Perugia, sono state verificate nella capitale: l’appartamento di via Fagutale, 200 metri quadrati al primo piano, fu comprato dall’esponente del Pdl il 6 luglio 2004 dalle sorelle Paola e Beatrice Papa e ufficialmente pagato 610 mila euro. In realtà la casa costò un milione 700mila euro e la differenza, 900mila euro, fu sborsata da Diego Anemone attraverso l’architetto Angelo Zampolini. Che ha ammesso di aver consegnato i soldi alle sorelle Papa con 80 assegni della Deutsche Bank. Anche Beatrice e Barbara hanno confermato. Per la difesa di Scajola si tratta invece di testi che non hanno detto la verità . Lui, che per lo scandalo si è dimesso da ministro, non ha mai presentato una memoria difensiva, né fornito prove contro l’accusa.
Il pm intende procedere con la citazione diretta a giudizio davanti al tribunale monocratico, con un processo fissato in primavera. La data di inizio dell’eventuale dibattimento non è un aspetto secondario, poiché sull’intera vicenda incombe la prescrizione. Se il magistrato contesterà il reato a partire dal giorno dell’acquisto dell’appartamento, tutto sarebbe già prescritto. Se verranno contestati anche i lavori di ristrutturazione, avvenuti nel 2006, la prescrizione arriverà nel 2013. È l’ultimo rapporto della Guardia di Finanza a convincere il pm che buona parte dei soldi provenienti da Anemone sia servita pure a ristrutturare.
Gli inquirenti hanno sentito i titolari di alcune ditte incaricate di fare piccoli lavori nell’abitazione e gli inquilini del palazzo. Scajola, che aveva ricevuto un invito a comparire il 21 settembre scorso, ha preferito non presentarsi. E Anemone ha fatto sapere che, in caso di convocazione, si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere. Ieri i due hanno ricevuto la notifica dai finanzieri su ordine del procuratore capo Giovanni Ferrara che, con l’aggiunto Caperna, ha firmato il provvedimento.
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